Da tempo stiamo cercando, su questo blog, di proporre delle riflessioni sulla gestione della cultura in Italia. Come valorizzare un patrimonio unico al mondo, renderlo disponibile a cittadini e turisti, e farne una fonte di reddito ancora più importante per il Paese? Ledo Prato, segretario generale della Fondazione CittàItalia, parla di federalismo culturale, un’opportunità che stenta a essere sfruttata. Come previsto dalla riforma del titolo V della Costituzione, votata nel 2001, la valorizzazione dei beni culturali e ambientali e la promozione e organizzazione di attività culturali è materia di competenza concorrente tra Stato e Regioni. Il che significa che spetta a queste ultime «la potestà legislativa, salvo che per la determinazione dei principi fondamentali, riservata alla legislazione dello Stato» (art. 117 della Costituzione). Però, fa notare Prato, «le Regioni non hanno legiferato, come avrebbero dovuto». Quindi tutto resta ancora saldamente accentrato nelle mani dello Stato. In Italia esistono infatti 460 musei statali, mentre in Francia sono solo 36 e in Spagna tutto è nelle mani delle comunità regionali. Peraltro con ottimi risultati, visto che i due Paesi si attestano rispettivamente sui 74 e 52 milioni di visitatori, contro i nostri 50.

«Il ruolo del privato si è di fatto ridotto a due opzioni. O l’impresa fornisce una gestione in via subordinata oppure assume il ruolo del mecenate, dovendo però dimostrarsi disponibile a far fronte alle troppe diffidenze, come quelle emerse a proposito del Colosseo». Molto più proficuo sarebbe lasciare le comunità locali libere di gestire il proprio patrimonio, all’interno dell’indirizzo statale. In chiusura del suo intervento, pubblicato su Vita del 15 luglio, Prato fa notare che «Se poi si riuscisse a declinare il federalismo demaniale con quello fiscale, potrebbero esserci anche le risorse necessarie». Nel condividere questa riflessione, ci chiediamo come mai dalla politica non sentiamo nessuno, nemmeno chi ogni giorno inveisce contro “Roma ladrona” (ma, sia chiaro, neanche dall’altro lato del Parlamento si salvano), lamentare questo mancato decentramento. Il federalismo fiscale è una formula a maggior effetto, ma una politica che ha in mente un progetto per il Paese, che non sia solo continuare a governare, dovrebbe avere tra i suoi punti la gestione del patrimonio culturale e ambientale. Perché, insistiamo, la cultura si può mettere nel panino, ed è pure molto gustosa.