Il concetto di “open science” (scienza aperta) sta avendo sempre più seguito. Questo è avvenuto anche grazie agli sforzi fatti negli ultimi anni dall’UNESCO, che si è interrogata su come la scienza possa diventare più collaborativa, trasparente, accessibile, equa e inclusiva, che sono poi in sintesi i principi dell’open science. Nel 2021 l’organizzazione ha pubblicato un quadro di riferimento per una scienza che sia realmente aperta.

Alla fine dello scorso anno, l’UNESCO ha poi pubblicato un report che chiarisce che, nonostante ci siano molti esempi di buone pratiche, c’è ancora molto lavoro da fare per realizzare tutto il potenziale dell’open science a livello globale.

Nel 2021, spiega un articolo su Nature, i paesi membri dell’UNESCO hanno concordato una definizione di open science che comprende l’accesso aperto alle conoscenze scientifiche (comprese le scienze umane e sociali), l’accesso alle infrastrutture di ricerca, la collaborazione aperta tra gli scienziati e gli “attori sociali” (ossia i non scienziati) e il dialogo aperto tra i diversi sistemi di conoscenza, compreso quello tra le conoscenze scientifiche e quelle delle popolazioni native.

Gli Stati membri si sono inoltre impegnati a integrare i principi dell’open science nei loro sistemi di ricerca, compresa quella finanziata da fondi pubblici, il sostegno all’editoria senza scopo di lucro e quella fatta dalle comunità, l’incoraggiamento alla pubblicazione di ricerca in più lingue e l’incentivazione del settore privato a partecipare al raggiungimento degli obiettivi dell’open science.

La Commissione europea è stata una delle prime promotrici dell’open science, prosegue Nature. Tra il 2002 e il 2020 ha infatti aumentato i finanziamenti per i progetti di “impegno sociale” da 88 a 462 milioni di euro. Un decennio fa, inoltre, ha stabilito che tutte le pubblicazioni scientifiche derivanti dal programma Horizon 2020, del valore di 80 miliardi di euro, dovessero essere liberamente consultabili (cioè pubblicate in open access”.

Altri indicatori, tuttavia, sono meno incoraggianti. Circa tre quarti (73%) delle pubblicazioni negli archivi ad accesso aperto sono in sei sole lingue, di cui quasi la metà (46%) solo in inglese. Nel complesso il rapporto rileva che le istituzioni scientifiche, come le università, le accademie scientifiche nazionali e le riviste, faticano a includere le comunità, in tutta la loro diversità, nel processo di creazione della conoscenza scientifica.

L’open science, conclude l’articolo, è in linea con la missione fondante dell’UNESCO, che prevede che scienza e istruzione vadano a beneficio di tutta l’umanità, e con l’idea che l’accesso alla scienza sia un diritto umano. Ma l’interesse dell’organizzazione per l’open science va oltre questi principi. Il rapporto dell’UNESCO getta luce su alcuni sviluppi promettenti nel campo dell’open science. La sfida sarà come raccogliere i singoli casi positivi per fare “massa critica”, al fine di realizzare quegli stessi principi.

(Foto di Bra?o su Unsplash)

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