In questi giorni si parla ovunque dell’Agenzia per il terzo settore. L’abbiamo fatto anche noi (qui trovate l’intervista al suo presidente Stefano Zamagni), a seguito della dichiarazione del ministro del Lavoro e delle politiche sociali Elsa Fornero, che ha annunciato: «Abbiamo deciso di chiudere questa agenzia, ci dispiace». I giornali non hanno perso tempo nel riprendere la notizia, mentre poco si è parlato di questo ufficio “in tempo di pace”, cioè quando la sua esistenza non era ancora in discussione.

Rimedia a questa lacuna un articolo pubblicato sul settimanale Vita il 3 febbraio, a pagina 9. Come spiega Giuseppe Frangi nel pezzo, solo nell’ultima seduta, quella dell’11 gennaio, sono arrivati all’attenzione dell’Agenzia undici casi di finte onlus, ossia organizzazioni del tutto in regola a livello formale e normativo, ma che di fatto tradiscono gli obiettivi per cui dichiarano di essere nate. Di casi del genere, e di altrettanti pareri negativi, ne sono passati 313 nel 2011 sul tavolo dell’Agenzia con sede (ancora per poco, forse) in via Rovello, a Milano.

Insomma, per trattarsi di un ente che funziona con pochissimo personale (12 impiegati) e un consiglio di amministrazione che lavora a regime di rimborso spese, non un’attività di poco conto. Senza contare i numerosi atti di indirizzo e le linee guida pubblicate per la raccolta fondi, per i rapporti tra enti pubblici e soggetti del terzo settore, per la redazione del bilancio sociale delle non profit, ecc. Le ricadute dei provvedimenti dell’Agenzia sono reali, e i suoi pareri possono tradursi in cancellazioni di associazioni e organizzazioni che stanno fuori dalle regole.

Come il caso del sodalizio lombardo di cui si parla su Vita (il nome non può ancora essere reso pubblico), che a dispetto degli intenti dichiarati («Assistere bambini poveri, malati e sofferenti e le loro famiglie in tutto il mondo, indipendentemente dalla loro razza, religione, nazionalità o etnia»), ha reso un misero servizio alla comunità, a dispetto dei tanti fondi raccolti: 1,009 milioni di euro nel 2008, 1,631 nel 2009, 628mila nel 2010. Ma gli aiuti in denaro registrati nel 2008 sono stati di appena 20.871 euro, circa il 2 per cento del raccolto. In compenso, 832mila euro sono finiti alla società che per conto dell’associazione si era occupata del fund raising. Piccolo particolare, l’amministratore di detta società è uno dei soci fondatori dell’associazione, poi dimessosi.

Discorso molto simile, e identico epilogo (la cancellazione dall’anagrafe delle onlus) per due soggetti toscani, l’uno votato all’aiuto umanitario praticamente in ogni angolo del pianeta, l’altro alla causa dei non vedenti. E così via, per altri otto casi esaminati nella seduta dell’11 gennaio. È vero che le competenze dell’Agenzia, in caso di chiusura, saranno trasferite a un nuovo ufficio in seno al Ministero. Ma siamo sicuri che abbia senso scardinare un meccanismo così rodato e “anomalo” (visto che ciò che funziona, in Italia, esce dalla norma)? Speriamo che, quando la questione sarà posta all’ordine del giorno in Consiglio dei ministri, qualcuno ponga questa domanda.