«Pensare di contrastare la crisi climatica con un approccio lento e graduale, significa andare incontro al fallimento». Comincia così l’edizione del 27 luglio di Down to Earth, una newsletter del Guardian che si occupa di ambiente e cambiamento climatico.
L’autore Damian Carrington, giornalista specializzato in questioni ambientali, parte da questa considerazione per analizzare le politiche di contrasto alla crisi ambientale nel Regno Unito, ma molte delle sue osservazioni sono valide per diversi paesi, Italia compresa.
In particolare, Carrington si concentra sull’apparente contraddizione che vede da un lato la crisi climatica costantemente tra le prime preoccupazioni dei cittadini, e dall’altro politiche piuttosto caute su questi temi da parte dei governi. Uno dei problemi alla base di questo schema, sottolinea Carrington, è il consenso.
«I politici sono più spesso follower che leader», spiega. In altre parole, devono essere profondamente convinti che gli elettori a cui si rivolgono li premieranno se sostengono politiche green, mentre li puniranno se non lo fanno o se portano avanti misure che vanno contro la difesa dell’ambiente.
Nonostante i sondaggi, c’è sempre il timore che, nel privato della cabina elettorale, saranno sempre le promesse a breve termine a essere più allettanti (un esempio su tutti: il taglio delle tasse).
«Ho bisogno di un milione di persone per strada», ha detto una volta a Carrington un ex ministro, per vincere le discussioni sulle politiche ambientali al tavolo del governo. In altre parole: è ormai chiaro che l’unica strada per un futuro sicuro e prospero è quella green, ma i politici la percorreranno solo se gli elettori glielo chiederanno a gran voce e ripetutamente.
Le persone, se si organizzano, possono fare molto in termini di lobbying, con campagne per scuotere interessi ed equilibri ormai consolidati e per portare all’attenzione di tutti le azioni negative degli attori in campo.
Dall’altra parte, è anche necessario che la politica garantisca che le misure a favore dell’ambiente siano attuate in modo da non penalizzare le persone vulnerabili e chi ha un reddito basso. Altrimenti chi sostiene ideologie contrapposte avrà un’arma in più per sostenere le proprie posizioni antiscientifiche e irresponsabili.
L’obiettivo deve essere rendere la “svolta green” una cosa attraente e affrontabile. Su questo la scienza e la tecnologia sono ottime alleate, man mano che rendono possibili e non troppo costose cose come le auto elettriche o prodotti alternativi alla carne e ai latticini. In alcuni casi, per i politici non si tratterà nemmeno di intervenire sui risparmi dei contribuenti, ma piuttosto di lanciare segnali sul fatto che un cambiamento è, oltre che urgente e necessario, anche attraente e alla nostra portata.
(Foto Tania Malréchauffé su Unsplash)
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