Un rapporto europeo racconta come durante la pandemia il divario di genere sia aumentato in ambito lavorativo e domestico e come i diversi paesi stiano cercando di arginare il problema. Ne parla un articolo pubblicato su inGenere.
La parità di genere è uno dei valori fondanti dell’Unione europea, al centro della Strategia 2020-25 e riconosciuta dai piani di ripresa e resilienza adottati dai governi degli stati che ne fanno parte. I piani d’intervento nazionali riguardano soprattutto le differenze di genere sul mercato del lavoro, che restano marcate in alcuni paesi come l’Italia.
Tuttavia, come sottolineato dalla Gender Equality Strategy 2020-25 e dallo stesso Social Pillar europeo con il suo piano d’azione, esiste un legame molto stretto tra il mercato del lavoro e l’organizzazione della famiglia: le differenze di genere sul lavoro hanno origine nella famiglia e nelle norme sociali ancora diffuse che impongono una più o meno rigida divisione dei ruoli tra gli uomini, impegnati nel lavoro e nella carriera, e le donne, prime responsabili del lavoro domestico e di quello di cura. Interventi efficaci per le differenze di genere richiedono quindi, tra gli altri, congedi di paternità e parentali, riconoscimenti delle interruzioni per carichi di cura ai fini pensionistici, e flessibilità dell’organizzazione del lavoro.
Il rapporto da noi curato per Eurofound analizza l’impatto della pandemia di Covid-19 sulle differenze di genere a lavoro e in casa nei paesi dell’Unione europea. Il risultato generale è che la pandemia ha esacerbato le differenze di genere pre-esistenti. Se infatti, a differenza della grande recessione, in Europa l’impatto della pandemia sui tassi di occupazione, disoccupazione e sulle ore lavorate è stato più neutrale rispetto al genere, le donne con lavori meno retribuiti hanno sofferto maggiori perdite di occupazione e sono sovra-rappresentate in settori come il turismo e la ristorazione che hanno visto periodi prolungati di chiusura durante il lockdown.
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(Foto di Diego Marín su Unsplash)
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