Sono stati completati i lavori di adeguamento strutturale della sede finanziati con i 5 per mille del 2013 e 2014. Come spiegavamo un anno fa, il Consiglio direttivo di Avis Legnano aveva deciso di accantonare quanto erogato grazie al 5 per mille 2013, in attesa che arrivassero anche i fondi relativi al 2014, per realizzare un importante intervento: la sostituzione del generatore di riscaldamento e del condizionatore di raffrescamento (con relative reti di distribuzione e collegamento) della sede di via Girardi.
Grazie di cuore alle persone (1.164 per il 2013, 1.157 per il 2014) che, al momento della dichiarazione dei redditi, hanno espresso la preferenza per la nostra associazione. Grazie a loro abbiamo ricevuto dallo Stato un versamento rispettivamente di 29.937 e 36.549 euro. Ci auguriamo che continui a crescere il numero di preferenze anche nelle prossime scadenze (qui il nostro codice fiscale, ma avremo modo di ricordarvelo nei prossimi mesi). Il 5 per mille, come dimostra la nostra esperienza (se cercate nell’archivio di ZeroNegativo troverete la descrizione di come l’abbiamo impiegato, anno per anno), è diventato uno strumento importante per molte onlus. Esso consente di mettere in pratica azioni programmate come quella realizzata quest’anno, sfruttando un meccanismo che destina alle associazioni (e ad enti di altro tipo) una piccola parte di quanto finirebbe allo Stato come imposte sul reddito.
La recente riforma del terzo settore ha introdotto alcune novità anche sul 5 per mille, tra cui il «l’importo minimo erogabile a ciascun ente delle somme risultanti sulla base delle scelte effettuate dai contribuenti» e «le modalità di riparto delle scelte non espresse dai contribuenti». In realtà il decreto legislativo numero 111 del 3 luglio 2017, collegato alla Riforma del Terzo settore (legge numero 106 del 6 giugno 2016) rinvia a un ulteriore decreto, non ancora licenziato (la scadenza è il 15 novembre), per definire questi due aspetti. Per quanto riguarda il riparto delle scelte non espresse (quelle in cui il contribuente non inserisce il codice fiscale dell’associazione a cui vuole destinare il suo 5 per mille), è in corso un dibattito perché c’è chi vorrebbe che il sistema di redistribuzione andasse a favore delle associazioni più piccole, penalizzate dal fatto di essere meno conosciute e di avere meno possibilità di investire in campagne pubblicitarie.
Secondo molti si tratta di una misura poco efficace: «È stato matematicamente dimostrato, e senza grandi fatiche [manca però la fonte di questa dichiarazione, ndr], che togliere l’inoptato alle più grandi per attribuirlo alle più piccole non porterebbe alcun beneficio a queste ultime, salvo appesantire il meccanismo del riparto – spiega Gianpaolo Concari su Quinonprofit.it –. Toglierebbe invece un apporto finanziario importante alla maggiori. Sarebbe solo una mossa populista senza alcun effetto pratico, esposta peraltro a ricorsi alla Corte Costituzionale per eccesso di delega».
Secondo una ricerca realizzata dall’Università di Cagliari, sarebbe invece molto più importante informare correttamente i cittadini sulla distribuzione dei contributi tra le varie associazioni. «Come è noto, quello della polarizzazione dei contributi è un fenomeno in atto da tempo, che si è accentuato nelle ultime annualità: nel 2015, per esempio, il 92 per cento degli enti del volontariato ha ottenuto meno di 500 firme, mentre il 4,5 per cento non ne ha avuta neppure una, e solo 174 enti su oltre 39mila raggiunge la soglia dei 5.000 consensi», ha scritto Gabriella Meroni su Vita.
Secondo lo studio, una maggiore informazione produrrebbe scelte meglio ripartite tra le diverse realtà del volontariato, a beneficio di una più varia distribuzione sul territorio di fondi che altrimenti continuerebbero ad alimentare pochi grandi soggetti. «Una tendenza che cambierebbe, sottolinea la ricerca, se i contribuenti fossero informati ogni anno circa l’ammontare dei finanziamenti ricevuti da ogni organizzazione attraverso il 5 per mille. I donatori sarebbero cioè indotti a dare di meno a quelle poche organizzazioni che generalmente ricavano molti fondi, redistribuendo le loro donazioni a favore di quelle che invece ottengono di meno, favorendo in questo modo una struttura più pluralista e finanziando la fornitura di una gamma più ampia di servizi di utilità sociale. Il fatto che il Ministero dell’Economia fornisca tali dati e li renda il più possibile pubblici può avere un impatto molto ampio sull’utilizzo del quasi mezzo miliardo di euro che ogni anno i contribuenti destinano al non profit».
(Foto di Micha? Grosicki su Unsplash)