All’inizio dell’anno la Spagna ha approvato una legge che prevede congedi retribuiti per le donne con mestruazioni particolarmente dolorose, una decisione che si accorda al progressivo riconoscimento di patologie invalidanti come l’endometriosi o la vulvodinia. L’Italia prova a seguire l’esempio, ma il clima non è troppo favorevole. L’analisi di Elisa Virgili su InGenere.

Il corpo delle donne è un campo di battaglia sul quale si svolgono gli scontri della politica, della religione, della scienza e della medicina, e naturalmente dell’intreccio di tutte queste dimensioni. Letto spesso come un terreno da conquistare, in molti sensi il corpo delle donne è un territorio soprattutto da normare, sul quale non si sa più chi può legiferare, anche se la risposta sarebbe molto semplice: le soggettività coinvolte.

Lo mostra bene la proposta di legge sul cosiddetto “congedo mestruale” presentata in parlamento a fine febbraio 2023, a prima firma della deputata Elisabetta Piccolotti di Alleanza verde e Sinistra e sottoscritta da tutto il gruppo parlamentare alla camera, e ora in attesa di essere assegnata alla commissione di merito.

Una proposta di legge simile era già stata presentata da quattro deputate del Partito democratico nel 2016, ma l’iter per l’approvazione non è mai stato concluso. Prevedendo ad esempio la distribuzione di assorbenti e prodotti per l’igiene intima gratuiti e modifiche per l’accesso all’interruzione volontaria di gravidanza, la proposta italiana fa eco in qualche modo a una legge simile ma in realtà molto più ampia, quella della Spagna, primo paese europeo ad approvare una legge sul congedo mestruale, che si stima avrà un costo di 23 milioni di euro (una stima simile non è stata ancora fatta in Italia). A livello extraeuropeo qualcosa di paragonabile esiste già in Corea del Sud, Taiwan, Cina e Giappone.

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(Foto di Romina Farías su Unsplash)

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