«Quali testi leggere a scuola? Come avvicinare i giovani ad argomentare, anche nei momenti in cui ricevono notizie drammatiche e la rabbia entra nelle case?». Se lo chiede un docente universitario e insegnante delle scuole medie, Daniele Dell’Agnola, su La Ricerca. In un momento in cui parole come terrorismo e populismo sono all’ordine del giorno, chiedersi come imparare ad argomentare è un esercizio che tutti dovremmo fare, non solo a scuola.

Qualche tempo fa mi arriva un messaggio scritto su un biglietto da un allievo che quasi mai osa intervenire in classe. Taciturno, forse intimorito da alcuni compagni che configurano con i loro atteggiamenti una gerarchia di gruppo e una serie di regole, seppur non dichiarate (una sorta di bullismo silenzioso), il ragazzo, in quell’occasione particolare, riesce ad aprire un canale di comunicazione con me, l’insegnante, scrivendo queste parole:

Maestro, ha visto l’età dei terroristi? Alcuni hanno vent’anni, diciotto o diciassette. Tre o quattro più di noi, che siamo appena passati da bambini a ragazzi, come dice lei. E noi tra qualche mese andiamo fuori da qui e ci alleniamo a diventare grandi. I grandi diventano indipendenti e liberi. Anche questo lo ha detto lei. Questi che fanno terrore invece sono matti nel senso brutto e non sono liberi. Io non ci capisco un tubo di islam, sunniti, sciiti, ba’th e di tutta la storia che ci ha raccontato nell’ora di classe. È complicatissimo e spero non ci faccia il test. Nell’ora di classe non ci fa i test, vero? Per me i terroristi sono tutti razzisti, come i nazisti cattivi di Schindler list. In questo mondo siamo troppo diversi. O è colpa del petrolio e del gas e allora ciao.

Il quindicenne non scrive di problemi personali, ma di cose del mondo. Lo fa attraverso un pensiero spontaneo, senza dimenticare il tema centrale del crescere, del diventare adulto. È raro che un ragazzo si esprima in un manoscritto indirizzato all’insegnante, infatti ho preso spunto da questo episodio prezioso per tornare a rispondere a una domanda che mi pongo con frequenza: quali testi leggere a scuola? Come avvicinare i giovani ad argomentare, anche nei momenti in cui ricevono notizie drammatiche e la rabbia entra nelle case?

Allenarsi nell’argomentare è decisivo per la maturazione del pensiero critico e riflessivo, tuttavia padroneggiare temi come quelli sollevati dall’allievo è affare complesso, sia dal punto di vista della comprensione dei testi scelti (letture), sia dal punto di vista della produzione, perché bisogna analizzare dei modelli (buoni testi) e, dopo adeguata preparazione, imparare a discutere con gli altri con coraggio.

Il riconoscimento della forza degli argomenti, compresi quelli fallaci, e l’esposizione attenta allo sviluppo logico (coerenza logica e tematica) e a alla veste linguistica (coesione) richiedono un lavoro faticoso, così come faticoso è l’esercizio democratico che la scuola dell’obbligo deve promuovere nei bimbi, nei giovani, sensibilizzati da subito all’ascolto dell’altro.

Lo sanno bene i politici: «La capacità di argomentare con pensieri lucidi veicolati da frasi sintatticamente evolute è una parte essenziale del dovere pubblico (dei politici)», ha scritto Paolo Di Stefano in un suo contributo pubblicato sul «Corriere della sera». «Non è solo una questione per addetti ai lavori», dice Luca Serianni, che cita proprio il passaggio di Di Stefano nel suo volume Leggere, scrivere, argomentare(Laterza, Bari 2016). È un fatto che vale per tutti noi, comuni cittadini, perché la teoria dell’argomentazione «sa che quando gli uomini cessano di credere alle buone ragioni, comincia la violenza» (N. Bobbio,Prefazione, in Perelman e Olbrechts-Tyteca, Trattato dell’argomentazione, Einaudi, Torino 1989, p. XIX).

Veniamo allora ad alcuni testi, anche narrativi, che ho letto in classe per arricchire i pensieri degli allievi, ben prima che iniziasse l’attività di scrittura del testo argomentativo, all’ombra delle violenze riportate dai quotidiani.

Cos’è giusto? Cos’è ingiusto? Ce lo spiega il filosofo Jean-Luc Nancy (1940) nel suo libretto intitolato Il giusto e l’ingiusto, pubblicato da Feltrinelli: una conferenza che l’autore ha tenuto nel 2006 in un teatro, di fronte a un pubblico di adolescenti, ponendosi in ascolto e rispondendo ad alcune domane dei giovani. Nancy spiega concetti che hanno a che fare con il diritto, la filosofia, con l’etica.

Un’altra legge, che si chiama la legge del più forte. È quella che fa sì che il mio compagno abbia una console più di me, o che abbia una console e che io non ne abbia nemmeno una, perché lui è più forte, nel senso che ha una famiglia con più denaro – il che è una forma di forza. Molti di voi ritengono che chi è più forte fisicamente abbia ragione e che sia giusto che abbia prevalso perché ha dato una manica di botte ad un altro. (p.18)

Di giustizia abbiamo parlato anche attraverso il romanzo di Deborah Ellis, Sotto il burqa (Rizzoli, Milano 2001, premio Andersen), per discutere la situazione della protagonista, Parvana, costretta a travestirsi da ragazzo, a fasciarsi il seno e a tagliarsi i capelli in una Kabul controllata dai talebani. Il padre è stato arrestato, la madre non può uscire, così, per sostenere la propria famiglia, Parvana lavora come scriba nelle strade della capitale afgana, dove l’analfabetismo è molto diffuso. L’uso della forza, la violenza sono quotidianamente misurati dalla ragazzina, fortunata nell’avere a disposizione un’arma di difesa molto preziosa, che le permette di sopravvivere: la parola scritta.

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(Foto di Anderson Mancini su flickr)