Tutti abbiamo esperienza di situazioni di stallo in cui un gruppo di persone discute su come trovare un’idea, una soluzione, una decisione che metta d’accordo tutti. Dai coinquilini seduti al tavolo che devono decidere come dividere la bolletta al gruppo di lavoro che discute sulla strategia da adottare per un nuovo progetto. Alla fine un accordo si deve raggiungere, ma può non essere facile. Una nuova ricerca, ancora non sottoposta a peer-review, di cui parla il New York Times, ha provato a studiare cosa succede nella mente delle persone quando si siedono in gruppo a cercare di trovare una posizione comune.
La conversazione, hanno rilevato i ricercatori, è il nostro più grande strumento per allineare le menti: non pensiamo “nel vuoto”, ma con le altre persone.
L’esperimento era basato sulla visione e discussione di scene cinematografiche, perché i ricercatori volevano creare una situazione realistica in cui i partecipanti potessero mostrare cambiamenti rapidi e significativi nelle loro opinioni.
Poiché i film di successo in genere non offrono molta ambiguità, ci si è concentrati su film che la critica ha amato ma che non hanno avuto un grande successo di pubblico. Nessuno dei volontari aveva mai visto uno dei film e, mentre erano posizionati in uno scanner cerebrale, hanno guardato scene dei vari film senza audio.
Dopo aver visto gli spezzoni, i volontari hanno risposto a domande su cosa pensavano fosse successo in ogni scena. Poi, in gruppi formati da tre a sei persone, si sono seduti attorno a un tavolo e hanno discusso le loro interpretazioni, con l’obiettivo di raggiungere una spiegazione condivisa.
Tutti i partecipanti erano studenti dello stesso corso di laurea e molti di loro si conoscevano, il che ha dato vita a conversazioni vivaci che rispecchiano le dinamiche sociali del mondo reale.
Dopo le chiacchierate, gli studenti sono tornati negli scanner cerebrali e hanno rivisto i filmati, a cui sono state aggiunte nuove scene.
Lo studio ha rilevato che l’attività cerebrale dei membri del gruppo – nelle regioni legate alla visione, al suono, all’attenzione, al linguaggio e alla memoria, tra le altre – è diventata più “allineata” dopo la conversazione. È interessante notare che i loro cervelli erano sincronizzati sia mentre guardavano le scene di cui avevano discusso, sia in quelle nuove.
Gruppi diversi hanno dato interpretazioni diverse dello stesso filmato. Nonostante avessero guardato gli stessi spezzoni, infatti, i modelli cerebrali da un gruppo all’altro erano diversi, ma all’interno di ciascun gruppo l’attività era molto più sincronizzata.
I risultati sono in linea con ricerche precedenti che mostrano come le persone che condividono delle convinzioni tendano a condividere anche le risposte cerebrali agli stimoli. Il nuovo studio suggerisce che il grado di somiglianza delle risposte dipenda non solo dalle predisposizioni intrinseche delle persone, ma anche dal terreno comune creato dalla conversazione.
L’esperimento ha anche messo in evidenza una dinamica familiare a chiunque abbia subito un’azione di disturbo in una riunione di lavoro. Alcuni dei volontari hanno infatti cercato di persuadere i propri compagni su una certa interpretazione con prepotenza, dando ordini e parlando sopra i loro colleghi. Altri, in particolare quelli che erano attori centrali nelle reti sociali della vita reale degli studenti, hanno agito come mediatori, interpretando l’umore della stanza e cercando di trovare punti di contatto tra i partecipanti.
Lo studio ha rilevato che i gruppi con i disturbatori erano meno allineati dal punto di vista neurale rispetto a quelli con i mediatori. Forse la cosa più sorprendente è che i mediatori hanno portato al consenso non portando avanti le proprie interpretazioni, ma incoraggiando gli altri a prendere la parola e adattando poi le proprie convinzioni – e i propri schemi cerebrali – per adeguarsi al gruppo.
Essere disposti a cambiare idea, quindi, sembra essere la chiave per mettere tutti d’accordo.
Poiché i volontari stavano cercando di collaborare, i ricercatori hanno detto che i risultati dello studio sono più rilevanti per le situazioni, come i luoghi di lavoro, in cui le persone lavorano per un obiettivo comune.
I risultati dello studio potrebbero invece non essere validi per una persona che deve discutere un aumento di stipendio o per i politici che discutono sulla regolarità di una votazione. Anche per altre situazioni, come il brainstorming creativo, il pensiero di gruppo potrebbe non essere la strada ideale.
(Foto di Annie Spratt su Unsplash)
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