Immettendo la parola corruzione su Google News, si nota come questa ricorra in una grande quantità di articoli, che quotidianamente si rincorrono riportando notizia di nuovi episodi. Magari sono fatti che hanno rilievo in ambito locale, e non arrivano alle cronache nazionali perché di entità relativamente contenuta. Eppure, se si provassero a sommare anche solo i casi che vengono alla luce e per i quali si arriva a una condanna, si otterrebbero cifre piuttosto sconcertanti. Si tratta di un fenomeno molto difficile da misurare, per il quale bisogna affidarsi a stime sulla corruzione “potenziale”, o peggio a sondaggi sulla corruzione “percepita”. Le elaborazioni che risultano da questo tipo di dati sono sempre da prendere con le molle, proprio per il modo in cui sono ottenute.
Per questo motivo, il 22 marzo 2016 è stato firmato un protocollo d’intesa tra Istat (Istituto nazionale di statistica) e Anac (Autorità nazionale anticorruzione), con l’obiettivo di attivare un processo di collaborazione che permetta di arrivare a ottenere dati più precisi su un fenomeno così complesso. Tuttavia si possono fare alcune considerazioni e i numerosi casi che arrivano alle cronache, come dicevamo in apertura, confermano il fatto che la corruzione in Italia sia un problema strutturale, sul quale si potrebbe fare di più.
Come spiegano Domenico Marino e Domenico Tebala su Economia e Politica, la corruzione è un problema innanzitutto per i suoi effetti distorsivi sulla concorrenza di mercato: «Le selezioni, le gare, i concorsi non sono vinti dai migliori, ma da coloro che sono meglio inseriti nei meccanismi di corruzione. E questo ha come corollario lavori fatti male e sprechi. L’altra componente di costo della corruzione è costituita dalla dispersione di risorse che vengono distratte dal loro indirizzo verso il bene collettivo per essere trasformate in illegittime utilità private. Il danno sociale è, quindi, duplice. Allo spreco di risorse si affianca anche la limitazione della libertà economica. Eliminare e/o ridurre il costo della corruzione è, quindi, un obiettivo di civiltà, oltre che un mezzo per sanare i bilanci pubblici. La Banca Mondiale nel 2004 stimava nel 3 per cento del PIL l’ammontare delle tangenti nel mondo e a questa cifra vanno aggiunte le altre inefficienze correlate. Sulla base di questa stima in Italia il valore delle tangenti sarebbe pari a più di 60 miliardi di euro». Attenzione però a quest’ultimo dato, che abbiamo già affrontato e “smontato” in un post di qualche anno fa.
Venendo alle iniziative che si potrebbero mettere in atto per limitare il fenomeno, Marino e Tebala si concentrano sul fatto che, più della durezza della condanna, a essere efficaci contro il dilagare della corruzione sono i meccanismi di controllo. «Il comportamento corruttivo diventa vantaggioso dal punto di vista economico quando la probabilità di essere scoperti e sanzionati è bassa, anche in presenza di pene elevate, e quando mancano forme di controllo e di disapprovazione sociale per i comportamenti corruttivi». Dunque, più che concentrarsi su quello che potranno passare corruttore e corrotto se scoperti, bisognerebbe fare in modo che questi temano davvero che il loro gioco possa essere smascherato e punito. In questo ha un ruolo fondamentale anche il grado di accettazione o condanna della corruzione a livello sociale: occorre «creare un meccanismo educativo che generi una disapprovazione sociale dei comportamenti corruttivi perché, prima facie, sembrerebbe che la corruzione, tutto sommato, sia accettata quasi come un male necessario da una larga parte della popolazione italiana».
Un effetto di questi due aspetti di debolezza che sicuramente possiamo individuare nel sistema italiano di lotta alla corruzione, è che la criminalità organizzata sia sempre più portata a cercare la via economica per ottenere i propri obiettivi, piuttosto che le minacce o la violenza. Con la conseguenza che, oltre a parlare poco di corruzione come problema, si parla meno anche di criminalità organizzata. «Economia della corruzione ed economia criminale tendono sempre più a sovrapporsi, fino a diventare quasi indistinguibili con la corruzione che è diventata il nuovo biglietto da visita della criminalità organizzata. Queste considerazioni rendono ancora più cogente la necessità di un intervento forte e realmente incisivo contro la corruzione come strumento per combattere anche la colonizzazione dell’economia legale da parte delle organizzazioni criminali, oltre che per realizzare l’obiettivo di un maggior livello di legalità diffusa nella società».
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