L’assegno mensile di 285,66 euro, previsto per le persone con disabilità totalmente inabili al lavoro, è stato definito dalla Corte costituzionale «manifestamente inadeguato a garantire i “mezzi necessari per vivere”». La cifra viola dunque «il diritto riconosciuto dall’articolo 38 della Costituzione, secondo cui “ogni cittadino inabile al lavoro e sprovvisto di mezzi necessari per vivere ha diritto al mantenimento e all’assistenza sociale”». Lo si legge in un comunicato stampa del 24 giugno diffuso dalla stessa Corte, in attesa che la sentenza sia depositata e diventi quindi immediatamente cogente per lo Stato (seppure non in maniera retroattiva). «È stato quindi affermato – prosegue il comunicato – che il cosiddetto “incremento al milione” (pari a 516,46 euro) da tempo riconosciuto, per vari trattamenti pensionistici, dall’articolo 38 della legge n. 448 del 2001, debba essere assicurato agli invalidi civili totali, di cui parla l’articolo 12, primo comma, della legge 118 del 1971, senza attendere il raggiungimento del sessantesimo anno di età, attualmente previsto dalla legge. Conseguentemente, questo incremento dovrà d’ora in poi essere erogato a tutti gli invalidi civili totali che abbiano compiuto i 18 anni e che non godano, in particolare, di redditi su base annua pari o superiori a 6.713,98 euro».

Una sconfitta per la politica

Si tratta di una vittoria per le associazioni che si occupano di disabilità, che da anni si battono affinché questo limite sia alzato, ma di una sconfitta per la politica. L’intervento della Corte costituzionale arriva infatti a sanare una situazione insostenibile denunciata da tempo, a cui la politica non ha riconosciuto la giusta priorità. La Fish (Federazione italiana per il superamento dell’handicap) ha espresso soddisfazione per il contenuto della sentenza, ma sottolineando che adesso è tempo di mettere mano alla normativa in maniera più organica e strutturata, perché questa sentenza da sola non risolve tutti i problemi. «La FISH esprime senz’altro un plauso alla svolta che la sentenza segna in una discussione che dura da anni e che riguarda il sostegno alle persone con disabilità sottraendole al rischio di impoverimento e di isolamento. Tuttavia la sentenza pone un problema politico urgente e non solo perché non considera le persone cieche e sorde e gli invalidi parziali, ma anche per gli effetti distorsivi che potrebbe causare se non incardinata in una più complessiva riforma di queste misure assistenziali e di altre a sostegno della vita indipendente e di percorsi di autonomia. Bene quindi la sentenza ma si provveda quanto prima a quell’intervento normativo unitamente alla revisione dei criteri e dei percorsi di valutazione della disabilità».

Un inutile “fondo”

L’avvocato Antonio Caputo fa notare sull’Huffington Post che la politica ha cercato, con un articolo inserito nella legge di conversione del decreto “Rilancio”, di intestarsi questo risultato istituendo un apposito fondo. La realtà è che le sentenze della Corte costituzionale sono immediatamente esecutive, quindi tale operazione è puramente strategica per far passare un atto dovuto (l’applicazione della sentenza) per un’iniziativa politica bipartisan. «L’articolo dal titolo “Applicazione della sentenza della Corte costituzionale in materia di trattamenti di invalidità civile” – spiega Caputo – prevede l’istituzione di uno specifico fondo con la dotazione iniziale di 46 milioni di euro per il 2020 “destinato a concorrere a ottemperare alla sentenza della Corte costituzionale”. Pur di ricondurre questa vicenda ad una vittoria della politica si istituisce un (ennesimo) Fondo del tutto e manifestamente insufficiente a coprire un potenziale numero di circa 300mila aventi diritto. Per far credere a un pubblico intontito dalla comunicazione farlocca che il Parlamento ha aumentato le pensioni. E già ci sono code di utenti che chiedono come fare domanda, come si conteggiano i limiti reddituali, se l’aumento è retroattivo, ecc. Da un legislatore e un governo responsabili e consapevoli si dovrebbe attendere non una furbesca presa d’atto di una sentenza giusta, che è peraltro immediatamente esecutiva, laddove l’emendamento (che riguarderebbe i soli invalidi al 100 per cento) finirebbe per dilatare tempi e modi di erogazione in attesa dei soliti decreti attuativi e inerenti visti dei servizi di ragioneria. Così è una ennesima presa in giro aggravata dall’ignoranza della efficacia immediata della sentenza che tocca circa 300mila aventi diritto».

(Foto di Marek Studzinski su Unsplash)