Il 25 maggio la Camera dei deputati ha approvato la legge delega di riforma del Terzo settore. La pubblicazione in Gazzetta ufficiale è avvenuta il 18 giugno, e l’entrata in vigore è prevista per legge 15 giorni dopo, il 3 luglio. Entro 12 mesi dovranno arrivare i decreti attuativi del governo: cosa è lecito aspettarsi? Innanzitutto bisogna specificare qual era l’obiettivo con cui il governo ha presentato questa riforma: semplificare. Non è detto che questa legge ci riuscirà, ma tra i suoi scopi principali c’è quello di mettere ordine in una normativa piuttosto frastagliata e confusa. Per esempio, all’articolo 4 si specifica che sarà istituito un registro unico presso il Ministero del lavoro, mentre oggi ce ne sono vari (nazionali, regionali, provinciali).
Viene per la prima volta data una definizione di terzo settore, descritto (articolo 1) come «il complesso degli enti privati costituiti con finalità civiche, solidaristiche e di utilità sociale che, senza scopo di lucro, promuovono e realizzano attività d’interesse generale, mediante forme di azione volontaria e gratuita o di mutualità o di produzione e scambio di beni e servizi, in coerenza con le finalità stabilite nei rispettivi statuti o atti costitutivi. Viene tuttavia precisato che non fanno parte del Terzo settore le formazioni e le associazioni politiche, i sindacati e le associazioni professionali di categorie economiche e stabilito che alle fondazioni bancarie, in quanto enti che concorrono al perseguimento delle finalità della presente legge, non si applicano le disposizioni contenute in essa e nei relativi decreti attuativi». Ricordiamo che, come scrive il Sole 24 Ore, si parla di «Un comparto che conta al 2011 (secondo i dati Istat) 300mila organizzazioni non profit che impiegano 681mila addetti e 271mila lavoratori esterni. Si calcola che produca complessivamente 64 miliardi di fatturato pari 4,3 per cento del Pil».
All’articolo 6 viene introdotta la disciplina dell’“impresa sociale”, ossia un’«organizzazione privata che svolge attività d’impresa per finalità civiche, solidaristiche e di utilità sociale e destina i propri utili prioritariamente al conseguimento dell’oggetto sociale». Ai decreti attuativi il compito di stabilire come assicurare che la distribuzione degli utili assolva a tale condizione.
Novità importanti anche per quanto riguarda il servizio civile, con l’istituzione del servizio civile universale. L’obiettivo è stabilizzare i meccanismi che lo regolano, garantendo a tutti i giovani che si trovino nella fascia d’età prevista (tra i 18 e 28 anni, come ora) il diritto di accedervi. Questo grazie a una programmazione triennale che garantisca sia agli enti sia ai volontari la corretta copertura delle attività e la loro organizzazione. La possibilità di partecipare ai bandi viene esplicitamente aperta agli stranieri con permesso di soggiorno in regola.
L’articolo che ha fatto più discutere è il numero 10, introdotto su iniziativa di Vincenzo Manes, imprenditore del terzo settore e consigliere del presidente del Consiglio Matteo Renzi. Con esso si istituisce la “Fondazione Italia sociale”, una «fondazione di diritto privato con finalità pubbliche». Il compito di questo nuovo ente sarà di raccogliere risorse da redistribuire ad attività sociali. L’obiettivo è di fornire al terzo settore un’entità che possa muoversi con logiche diverse rispetto agli enti pubblici, ma con l’unica finalità di intercettare donazioni (quindi non sulla base di stanziamenti dello Stato, ma soprattutto da parte di privati) per finanziare progetti filantropici di vario tipo. Manes (che parla già in prima persona plurale in quanto pare essere il presidente designato della fondazione) dice a questo proposito di avere un sogno: «Quello di fare una raccolta di un miliardo di euro l’anno per poter restituire 995 milioni di donazioni. Noi per legge abbiamo la non conservazione del patrimonio. Noi dobbiamo donare e il vero tema sarà di farlo in maniera efficace e trasparente».
La forma giuridica di questa fondazione (privata, ma con scopi pubblici) sta destando diverse perplessità. Manes risponde che «Se il Terzo Settore dovesse dipendere solo da risorse pubbliche oggi avrebbe un futuro molto incerto. […] La sfida è sviluppare all’interno del Terzo Settore una componente di imprenditorialità sociale, per renderlo meno dipendente dalla finanza pubblica». Staremo a vedere, intanto aspettiamo l’approvazione dei decreti attuativi nei prossimi mesi. A quanto pare quelli sull’impresa sociale e sul servizio civile sarebbero già pronti, dunque potrebbero arrivare presto.