Con una certa prudenza, ma certi di non sbagliare, ci sembra di rilevare due elementi che sembrano emergere con forza dalle agitazioni di questi giorni (ma guardando un po’ più indietro anche dalle vicende degli ultimi anni): una grande confusione e un disperato bisogno di politica. La confusione è evidente e corre sui media che stanno cercando di occuparsi del movimento dei “forconi”, con grande difficoltà e senza raccapezzarsi su chi siano gli interlocutori affidabili della protesta, chi siano gli organizzatori e se si tratti davvero di una serie di manifestazioni “spontanee” (per quanto fin troppo coordinate, a giudicare dalla capillarità con cui si sono sviluppate) o ci sia a monte un disegno complessivo che si nutre dei problemi reali delle categorie più deboli.
Si è parlato della partecipazione di ultras, di gruppi di estrema destra, dei centri sociali, di infiltrazioni mafiose, ma anche di allevatori, agricoltori, precari e disoccupati. Grande confusione, appunto, per un movimento che sembra somigliare a un devastante tsunami, con un’unica richiesta ripetuta da ogni megafono: «Tutti a casa». L’obiettivo, come nelle precedenti manifestazioni dei “forconi”, sembrano le dimissioni del governo. Non si riescono a leggere un’idea, un progetto, delle proposte chiare dietro alla protesta. Il messaggio si riduce a un generico «Via tutti», senza possibilità di dialogo. La parentesi delle violenze di piazza, dopo un’iniziale momento di tensione, sembra essere chiusa, ma il muso duro resta. Sono voci che non hanno cercato l’appoggio di partiti e altri movimenti, che pure avrebbero potuto essere compatibili con le loro richieste e il loro atteggiamento. Il supporto alle manifestazioni da parte di alcuni politici è avvenuto in una fase successiva, quando la protesta era già in corso da un paio di giorni. Non sono stati i movimenti di piazza a cercare l’endorsement di questo o quel partito, ma sono stati questi ultimi a doversi affrettare a leggere e interpretare in tutta fretta le ragioni della piazza, salvo poi schierarsi.
Sembrava che la politica avesse recepito alcuni messaggi provenienti dai cittadini, anche grazie alla formazione guidata da Beppe Grillo. Rinnovamento della classe dirigente, politica non come professione-a-vita ma come parentesi con un inizio e una fine, abbassamento dei costi della politica, fine del finanziamento pubblico ai partiti. A prescindere da tutto, sono questioni che non erano all’ordine del giorno prima dell’“avvento” dei 5 stelle, mentre oggi sono nel programma di qualsiasi partito (nei fatti un po’ meno). Gli avvenimenti di questi giorni testimoniano che ci sono ancora migliaia di persone che non si ritengono soddisfatte da una prospettiva di cambiamento che al momento si profila lontana e di modesta portata. I frequenti richiami alla legalità degli speaker delle varie piazze si possono forse leggere come un tentativo di tenere a freno i manifestanti, come se si fiutasse nell’aria la possibilità che alcune frange possano degenerare nel vandalismo. Per questo, dicevamo in apertura, riteniamo che in Italia ci sia un grande bisogno di politica, al contrario di quanto può sembrare. È di questa classe dirigente che il Paese si deve liberare, non della politica tout court. La politica è il luogo ideale in cui le istanze della popolazione possono trovare ascolto e rappresentanza. Negare questo meccanismo significa andare oltre la democrazia rappresentativa, verso l’anarchia. Ecco il maggiore rischio del nostro tempo: confondere i politici con la politica, e negare quest’ultima per negare i primi.
Cito una parte dell’articolo: ” La politica è il luogo ideale in cui le istanze della popolazione possono trovare ascolto e rappresentanza “.
Bella frase, mi viene una domanda: dove si trova questo “luogo ideale”? Dove posso recarmi, come cittadino, a presentare la mia insoddisfazione e le mie richieste? Chi sono, ad oggi, questi fantomatici interlocutori che dovrebbero accogliere le istanze dei cittadini?
Penso che non ci si deve fermare e chiedersi chi ci stia dietro il movimento dei forconi, più importante è farsi altre domande. Una su tutte: possibile che questa classe politica non abbia recepito i messaggi di insofferenza che in questi mesi (anni?) sono arrivati forte e chiari dalla popolazione in sofferenza? Se è così, quindi se i politici non se ne sono accorti, beh, allora sono incompetenti e devono essere mandati a casa per far spazio a persone più competenti. Se, per assurdo, questa classe politica avesse deliberatamente ignorato “la piazza” in questi mesi allora sarebbe ancora più legittimi pretendere, come cittadini, che queste persone vengano immediatamente sostituite.