Negli ultimi anni, due parole inglesi sono diventate molto importanti nell’attività giornalistica: debunking e fact checking. La seconda è l’attività di chi controlla la veridicità delle dichiarazioni fatte dai politici. La prima consiste invece nello “smontare” teorie cospirazioniste o credenze frutto di una manipolazione dei fatti, che spesso si diffondono anche grazie a Internet. Un giornalista che si occupa a tempo pieno di debunking è Paolo Attivissimo, che pochi giorni fa ha pubblicato sul suo blog la lettera di uno dei “cospirazionisti” con cui ha avuto a che fare in passato. Nel testo questi dichiara di essere uscito dal “tunnel” del complottismo, anche grazie al lavoro di Attivissimo, e racconta il suo ritorno alla realtà. Lo riportiamo di seguito.

Buonasera signor Attivissimo.

Forse si ricorderà di me; sono il ragazzo che cinque anni fa scambiò una serie di email con lei riguardo agli avvenimenti dell’undici settembre 2001. In quelle mail io sostenevo le teorie complottiste (con fare piuttosto arrogante, non lo nego). A distanza di così tanto tempo, vorrei cercare di giustificare il mio comportamento e, inoltre, di scusarmi con lei per il mio atteggiamento.

Quando ho reperito in rete le varie teorie del complotto sugli attentati inizialmente mi sono sentito molto amareggiato ma, successivamente, me ne sono infatuato, documentandomi come meglio potevo sull’argomento e arrivando a cercare di convincere tutti delle mie idee, nel modo più sbagliato che potevo scegliere, ovvero ignorando il dialogo e pretendendo di avere ragione, arrivando a negare e a non ascoltare qualsiasi parere contrario al mio, in pieno contrasto con l’idea di “verità” e “dialogo” di cui parlavo. Ero letteralmente euforico. Non avevo altro per la testa. Volevo solo che il mondo la pensasse come me (non senza aver fatto un piccolo litigio verbale dove, ovviamente, vincevo sempre io). Con questi pensieri per la mente, un giorno mi sono imbattuto in un video dove Massimo Mazzucco, che, al tempo, consideravo quasi un idolo, rispondeva a un suo video dove lei “smontava” le teorie del complotto sull’undici settembre. Riguardai quel video molte volte, ne cercai altri di simili, studiai la sua persona e quello che faceva e mi interessai moltissimo a lei. Ormai, lei era stato eletto, nella mia mente, come nemico pubblico numero uno.

Sentivo di voler dire la mia a riguardo. Volevo sconfiggerla, volevo distruggerla con la mia luce, volevo che lei mi desse ragione e che si piegasse. Ma non mi sentivo pronto per farlo. No, non sarei mai stato in grado di batterla, al tempo. E poi, a che pro? Altri migliori di me cercavano di farlo. Conveniva lasciar perdere. E lo avrei fatto senza troppo rammarico, a dire il vero. Ma un giorno trovai la ragione che mi spinse a scriverle. In rete, avevo trovato lo scambio di lettere tra lei e una persona, in cui quest’ultima faceva l’impensabile: riusciva a prevalere (ne ero assolutamente certo; vorrei davvero rileggere quelle mail per capire cosa avessi realmente letto).

In ogni caso, questa fu la goccia che fece traboccare il vaso. Andai sul suo sito. Cercai la sua mail, e la trovai. Le scrissi. Ricordo di essermi presentato in modo anche abbastanza cortese per poi, dalla seconda mail, scaricarle addosso tutte le argomentazioni che mi venivano in mente, anche le più banali, che sapevo che lei avrebbe facilmente smontato. Non importava. Volevo “fare volume” con le frasi, per confonderla. Ero convinto di essere onnipotente, imbattibile, un autentico Hitman.

Mi resi conto in fretta di quanto mi sbagliavo. Le sue risposte mi mettevano in seria difficoltà, le mie si facevano sempre più confuse. Non ero io che la stavo “sconfiggendo”. Era lei. La rabbia mi accecava finché le scrivevo la quarta, quinta, sesta mail. L’arroganza fluiva dalle mie dita e si trasformava in lettere che andavano a comporre frasi sempre meno lucide. Non riuscivo ad accettare quella situazione. Perché andava così? Dopotutto ero io ad avere ragione! Solo io!

Perciò ad un certo punto concludevo sbrigativamente la discussione, ringraziandola per le risposte. Ammetto di non aver nemmeno letto la mail precedente al mio saluto.

Così, oggi sono qui. Mi scuso con lei per la mia arroganza, per averla fatta arrabbiare se ci sono riuscito, per averla stressata se l’ho fatto. Al tempo, non ero ancora in grado di avere un’idea mia, personale, vera. Ma oggi si. Ed è anche grazie a lei. Le farà piacere sapere che studio in una scuola dove faccio otto ore di chimica settimanali, e che mi sono liberato da vari preconcetti che avevo prima.

Come ho detto all’inizio, forse non si ricorderà di me. Ma, in fondo, non è importante. Mi basta aver fatto la cosa giusta :D

Distinti saluti,
[firma]

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