La riforma del Fondo unico per lo spettacolo è stata annunciata con un cauto ottimismo da alcuni, per le promesse di riforma fatte in questo senso dal governo. Man mano che la riforma si avvicina alla sua approvazione (si attende il parere non vincolante della Conferenza unificata), emergono anche i tanti limiti della proposta, che nasconde più insidie che opportunità. Questo almeno secondo quanto contenuto in una lettera aperta di cui si parla nell’articolo de La Stampa che riportiamo di seguito.
Il regolamento predisposto dal Mibact è stato annunciato come un’apertura nei confronti dei giovani, una semplificazione del sistema, un modo per dare maggiore stabilità e qualità al settore. In realtà il mondo dei teatri ha analizzato il testo e scoperto che dietro le novità si nasconde un drastico taglio a chi potrà accedere ai fondi, un taglio che penalizzerà soprattutto le strutture del sud e le più piccole.
Per spiegare che cosa accadrà in concreto Massimo Monaci, direttore di una grande struttura come il Teatro Eliseo, e Marco Lucchesi, direttore del Teatro Due di Roma, molto più piccolo, hanno scritto una lettera aperta. Il primo punto contestato è proprio l’apertura ai giovani e al nuovo. «Se è vero – affermano – che la normativa apre alle nuove istanze senza il vecchio vincolo dei tre anni di attività svolta e pregressa richiesto dall’attuale ordinamento e riconosce alle giovani compagnie uno sconto del 50 per cento a valere sui minimi di legge previsti per l’accesso al fondo, è pur vero che i numeri tradotti in cifre limitano l’ingresso a quelle compagnie in grado di provvedere autonomamente al reperimento di risorse autonome per l’anticipazione di quanto forse in seguito concesso con vincoli burocratici ed economici proibitivi per la maggior parte delle formazioni giovani già costituite e ancor più per quelle in via di costituzione; l’azione quindi si rivolge ad una ristrettissima élite di gruppi socialmente avvantaggiati».
Il secondo punto contestato è l’estensione a tre anni del finanziamento. Per dare maggiore solidità a chi opera nel settore, sostengono al Mibact. «Chi potrebbe rifiutare il concetto di un finanziamento con progettualità triennale? – si chiedono Monaci e Lucchesi – Ma la possibilità di accesso non sarà annuale ma appunto triennale e quindi chi restasse fuori nel primo anno potrebbe riprovare alla fine del primo triennio e comunque il complicatissimo meccanismo di valutazione e verifica descritto ed attuato annualmente, non darebbe nessuna certezza di poter usufruire di un finanziamento triennale almeno fino ad un rodaggio pluriennale del meccanismo elaborato».
Per accedere al fondo, poi, vengono innalzate del 50 per cento le soglie minime di attività richieste, salvo le situazioni in cui le prevede ex novo (organismi di ospitalità) . Peccato – avvertono i due direttori di teatro – che le imprese sono per il 75 per cento medio/piccole non in grado quindi di accedere a tali soglie o che comunque sarebbero in grandissima difficoltà se costrette a farlo.
Molto limitata anche la possibilità di entrare a far parte dei teatri di rilevante di interesse culturale, una fascia di merito che si raggiungerà se si ha da parte degli enti locali una sovvenzione certa pari almeno al 50% di quanto corrisposto dal MIBACT. «Un dispositivo – commentano i direttori dei due teatri nella loro lettera – inapplicabile oggettivamente in molte regioni italiane per mancanza di fondi e di strategie» e che quindi «comporta una sperequazione di sistema incolmabile decretando il diverso censo di organismi potenzialmente equipollenti in base alla Regione nella quale risiedono, avremo quindi (per esempio) che il Teatro Elfo Puccini di Milano potrà concorrere a tale riconoscimento e che il Teatro Eliseo di Roma no».
Un altro punto contestato riguarda la cancellazione del bollo dalla domanda presentata al Ministero per accedere ai fondi. È vero – sottolineano Monaci e Lucchesi – ma è anche vero che «la copertura di tale perdita [avviene] attraverso una decurtazione del Fus, cosicché la tassa che prima era distribuita democraticamente viene ora a concretizzarsi con una cifra da sottrarre arbitrariamente al fondo».
Un altro vantaggio della riforma del Fus è lo snellimento delle commissioni attuali. In realtà – si legge nella lettera – «le Commissioni non sono più elefantiache da circa 15 anni; ad oggi, se pur scadute contano appena due soggetti in più di quelle previste in futuro; con la differenza che le prossime gestiranno, tramite la valutazione “qualitativa” il 30 per cento del finanziamento mentre il restante 70 per cento è demandato alla algoritmica valutazione quantitativa».
Regolamento bocciato, insomma, da parte dei teatri ed un consiglio al Mibact: «Riflettere, proiettare i dati e verificarli sui territori, decidere se veramente questo Stato vuole dimezzare il numero delle imprese e, nel caso, ammetterlo pubblicamente assumendosene la responsabilità politica».