Mercoledì 22 maggio ci ha lasciati don Andrea Gallo. Un personaggio controverso e amatissimo dalla gente. Un prete che sapeva parlare a tutti, con un linguaggio semplice e mai banale, né approssimativo; a proposito di pace, di lotta alla povertà, di sfide sociali, di libertà, di amore. Un prete che, proprio per questo, ha attirato su di sé l’attenzione delle gerarchie ecclesiastiche, in quanto le sue omelie e le sue posizioni non erano sufficientemente allineate al pensiero dominante. Un prete che ha sempre dovuto lottare contro la strumentalizzazione che di lui ha cercato di fare la politica, di destra e di sinistra, volta a volta per dimostrare o confutare argomentazioni. Ma don Gallo, anche se parlava di politica, non era un politico, bensì un prete che aveva il merito di stare nell’attualità, affrontarne i problemi nelle sue omelie e in ogni occasione che gli si presentava: «in direzione ostinata e contraria», come amava dire citando il concittadino Fabrizio De André.

Partigiano lo ha reso la storia, comunista ha dichiarato di esserlo, ma non per questo il suo messaggio si rivolge solo a chi condivide con lui l’adesione alle teorie marxiste. Perché, a volerla mettere sul lato religioso, le parole di don Gallo sono arrivate alle coscienze di molti atei, che non hanno potuto che ammetterne la rilevanza e il valore, senza per questo abbracciare la fede cristiana. Il fatto che fossero pronunciate da un prete cattolico non toglie forza al messaggio. Allo stesso modo, anche Avis Legnano, nel totale rispetto del proprio Statuto, pur continuando a essere apartitica e aconfessionale, non può restare indifferente alla morte (ma, soprattutto, a ciò che è stata la vita) di un personaggio tanto importante per il nostro tempo. Nel salutare idealmente il nostro “Don”, lo ricordiamo pubblicando di seguito un estratto dal libro del 2010, Sono venuto per servire, scritto da Loris Mazzetti.

Durante il giorno, i disadattati, i poveracci, si notano di meno; durante la notte, invece, sono una presenza visibile, li vedi aggirarsi in cerca di un rifugio lungo il porto, sotto un cavalcavia, attorno alla stazione, dove, fino a qualche tempo fa, potevano andare di nascosto a rifugiarsi in un vagone parcheggiato lungo un binario morto. Ubriachi, drogati, prostitute, dopo i tanti fatti di sangue, l’accesso alla stazione di notte è vietato. Gli ultimi non sanno più dove andare, rimangono soli con la loro disperazione.

Da quando don Gallo è tornato a Genova non dorme più durante la notte, rimane a disposizione dei fratelli più sfortunati. Solo quando il sole comincia a dare luce alla sua città don si corica per qualche ora. «La mia gente di notte non ha un posto dove andare, così io dormo di giorno e sto sveglio fino all’alba nel mio archivio, tante volte volesse passare di là».

Racconta don Gallo. Classe 1928, ottantadue anni, portati alla grande. Ancora viaggia su e giù per l’Italia per incontrare le persone, i fratelli. Quando arriva Andrea Gallo è sempre festa, la platea è piena, stipata. Con una regola: «Io dormo nel mio letto a San Domenico al Porto», e via chilometri su chilometri con Marco alla guida. Don lo avevo incontrato altre volte, durante un dibattito o un suo intervento in qualche mia trasmissione. La sua parola mi ha sempre affascinato.

Le sue parole non sono mai buttate al vento, hanno sempre un senso, ti rimangono dentro, ti fanno pensare (è banale dirlo figuriamoci scriverlo, però non ho altro modo per raccontare quello che provo). Quando è stato ospite a Che tempo che fa, mentre Fazio lo intervistava, io ero seduto dietro la scena, seguivo la ripresa attraverso un monitor di servizio, ascoltandolo pensavo: «Peccato che Don sia un prete, se fosse un politico, avremmo trovato il nostro leader».

Cliccando qui è possibile continuare la lettura.