Le donne sono il motore del cambiamento della nostra società, eppure continuano a vivere una condizione di “impari opportunità” rispetto agli uomini. Secondo diversi studi, il problema si manifesta già a scuola, dove nascono le differenze di genere nelle materie Stem (Science, Technology, Engineering, and Mathematics). Si tratterebbe, in sostanza, del principio delle profezie che si auto-avverano, per cui se il sistema scolastico (gli insegnanti, il metodo didattico, i genitori, i compagni) condividono una visione in cui nelle materie tecniche i maschi “sono più portati”, le femmine cominciano ad accettare questa idea, sviluppando punteggi più bassi dei maschi.
Il divario comincia fin dalle elementari, per aumentare negli anni di scuola successivi, culminando con scelte di lavoro e di studio per le donne verso materie umanistiche, o che comunque prevedano una scarsa presenza di materie tecniche. Da qui la loro minore presenza in certi ambiti del mondo del lavoro (dove i salari sono più alti) e le disparità di retribuzione rispetto agli uomini. È un fenomeno che si registra in tutto il mondo, Italia compresa. Si tratta dunque di un terreno sul quale si gioca una partita importante per il futuro. «Una recente ricerca – scrive l’economista Maria Laura Di Tommaso su Lavoce.info – effettuata da Dalit Contini, Maria Laura Di Tommaso e Silvia Mendolia –, utilizza i dati italiani delle prove Invalsi 2013 e analizza il gap di genere in matematica in II e V elementare, in I e III media e nella II superiore. I dati grezzi (percentuali di risposte corrette) mostrano un aumento del differenziale in matematica dalla seconda elementare fino alla seconda superiore. Anche i dati standardizzati confermano che il gap cresce tra i 7 e i 15 anni (aumenta da circa il 10 per cento di deviazione standard in seconda elementare fino a circa il 25 per cento a 15 anni). Il differenziale persiste anche a parità di istruzione dei genitori, di professione della madre, di area geografica, di frequenza della scuola materna, di numero di fratelli o sorelle, di tipologia di scuola superiore. I risultati non cambiano se si depurano i dati dagli effetti fissi di scuola, cioè se si tiene presente che questa scelta non è casuale e potrebbe essere correlata con le caratteristiche delle bambine/i e dei genitori».
La Festa della donna che si è celebrata l’8 marzo non dev’essere solo una ricorrenza di denuncia, ma anche un giorno in cui analizzare la complessità del fenomeno e proporre soluzioni che vadano il più possibile alla radice del problema. Le pari opportunità non si realizzeranno mai nel mondo del lavoro, se prima non vengono coltivate a scuola. Gli studi e le proposte ci sono, occorrono le risorse e la capacità di sperimentare e mettere in pratica: «Alcuni studi pedagogici hanno sottolineato come le metodologie di insegnamento della matematica siano rilevanti per abbassare il differenziale di genere. In particolare, metodologie più interattive, partecipative e meno competitive sembrano avere effetti positivi sull’apprendimento della matematica da parte delle bambine. Particolarmente utili sono le metodologie definite “cognitive-activation strategies”, che prevedono un attivo coinvolgimento nel cercare di risolvere un problema con metodi diversi, che sollecitano l’applicazione del problema alla vita reale, che chiedono il processo mentale che ha portato alla soluzione del problema. Anche le attitudini degli insegnanti e dei genitori incidono». Su questi temi la politica ha la responsabilità di prendere decisioni e attuarle.
Peccato che in Italia, da circa due anni, un ministro per le Pari opportunità non ci sia. Il governo guidato da Matteo Renzi, che pure ha il merito di aver nominato per la prima volta in Italia altrettanti ministri donna rispetto agli uomini, ha scelto di non continuare ad avere un ministero che si occupi esclusivamente di questo (oltre a noi hanno fatto la stessa scelta solo la Croazia e la Polonia). Ma non è solo una questione di nomine (comunque i ministri per le Pari opportunità che abbiamo avuto in passato erano senza portafoglio), manca proprio la delega della funzione ad altri ministeri, dunque il nome di una persona incaricata di occuparsi del problema. Certo, fa notare Lavoce.info, se a nessuno viene affidata la delega, vuol dire che questa resta in capo al presidente del Consiglio. Ma è un bene che sia così? Quali priorità può avere, nell’agenda di un capo di governo, la questione delle pari opportunità, davanti alle numerose e complesse questioni alle quali non può sottrarsi?
Io penso che la famiglia influenzi poco per quanto riguarda la predisposizione alla matematica e lo dico per esperienza
Vero è invece quanto può influire un buon insegnamento della matematica Anche questo lo dico per esperienza
Confortante è la constatazione che le giovani sono più interessate alle tecnologie lo noto perché sono sempre a contatto con gli studenti.
I tempi forse saranno lunghi ma le aspettative saranno buone.
Io dico Anche che la cultura femminile in Italia è stata umanistica in prevalenza il primo liceo scientifico al mio paese ha avuto inizio nel 1965 con 8 ragazze tra 25 maschi .