Nonostante la bocciatura rimediata il 18 giugno alla Conferenza dei servizi della Regione Lombardia, il caso dell’impianto di smaltimento rifiuti chimici pericolosi che la Elcon vuole costruire a Castellanza non si può dire ancora concluso. Alle soglie dell’estate sembrava il momento della svolta, i comitati erano pronti al “rompete le righe”: un’assemblea composta da funzionari della Regione, rappresentanti dei Comuni di Olgiate Olona, Legnano, Castellanza e Marnate, l’Asl di Varese e la Prealpi Servizi (assenti la Provincia di Varese, l’Arpa, il Comune di Busto Arsizio, ammessi invece due uditori del presidio No Elcon) si era espressa con parere nettamente contrario alla costruzione dell’impianto, accogliendo i rilievi proposti da Legambiente e dai comitati nati dalla società civile quando la minaccia isrealiana (Elcon ha sede a Haifa) si è affacciata sull’Altomilanese. «Gli enti territoriali si sono più volte espressi in senso assolutamente negativo -si legge dal verbale della seduta– in quanto si propone l’insediamento di un impianto di trattamento di rifiuti liquidi, pericolosi e non, per 500 tonnellate al giorno con possibilità di un futuro ampliamento al centro di un territorio ad altissima densità insediativa».
Il progetto è stato quindi giudicato dal tavolo tecnico e istituzionale incompatibile sotto il profilo dell’impatto sull’ambiente e sulla salute degli abitanti della zona. «Si rileva il permanere di risposte generiche e per molti aspetti l’assenza di risposte -prosegue il verbale- alle dettagliate richieste di chiarimenti e integrazioni avanzate dagli enti territoriali e dalla Regione in rapporto a tutte le componenti ambientali e territoriali interessate: emissioni in atmosfera, odori, gestione delle acque reflue e dei rifiuti, rischio incidenti rilevanti, salute pubblica e traffico indotto». Sembrava una vittoria della società civile, delle associazioni ambientaliste, dei comitati. Invece le mobilitazioni non sono finite, i presidi nell’area ex Montedison continuano con cadenza settimanale, e tutto resta appeso a un filo. L’11 luglio avrebbe infatti dovuto riunirsi un altro tavolo, la Commissione istruttoria regionale, per esprimere un ulteriore parere sulla fattibilità del progetto. A questo sarebbe poi succeduto un decreto che avrebbe stabilito la decisione definitiva della politica, che avrebbe potuto dire sì (ignorando tutti i pareri precedenti), oppure no, e a quel punto la Elcon avrebbe avuto dieci giorni di tempo per impugnarla. Tutto al condizionale, perché a oggi tutto è fermo. La Commissione continua a non esprimersi, a tre mesi dal voto negativo della Conferenza, e la cittadinanza è giustamente preoccupata del fatto che continui a restare in sospeso l’epilogo della vicenda, e che sulla Valutazione di impatto ambientale (Via) ancora nulla si sappia.
La situazione è da tenere sotto controllo, i giornali se ne occupano a intermittenza (tra i nazionali ne ha dato copertura il Fatto Quotidiano) e in questa fase è fondamentale non far calare l’attenzione ora che nulla succede, perché la notizia è proprio il silenzio delle istituzioni. Il modo migliore per restare informati (e magari mobilitarsi) è stare sul territorio e consultare spesso il sito internet e il gruppo Facebook dell’Assemblea popolare No Elcon. L’ultima iniziativa si è svolta lunedì 16 settembre a Magnago, presso la sede della Bp Sec, società che si sta occupando del progetto per conto di Elcon. L’inverno si avvicina, ma l’atmosfera, forse, sta per scaldarsi.