Dopo le polemiche seguite alla nuova campagna di comunicazione per il Fertility Day (realizzata per rispondere alle critiche piovute sulla prima) abbiamo pensato di lasciar correre: non valeva la pena spendere altre parole su un progetto nato male e proseguito peggio. Il fatto che però il ministro Beatrice Lorenzin abbia poi chiesto, per evitare di ripetere gli stessi errori tra un anno, l’aiuto di creativi a titolo gratuito ci porta a riprendere l’argomento.
Il lavoro intellettuale in Italia è stato tra i primi a fare le spese della crisi. Proprio negli anni in cui il settore andava strutturandosi, con corsi di studio sempre più specifici e una maggiore consapevolezza da parte di chi opera nel settore, la crisi economica ha contribuito a legittimare un atteggiamento superficiale nei suoi confronti. Chi si occupa di cose più “concrete” si sente spesso legittimato a non dare valore a un lavoro che merita il rispetto riconosciuto a tutti gli altri. I commenti all’uscita del ministro non si sono fatti attendere, e infatti il presidente dell’Art Directors Club Italiano, Vicky Gitto, ha risposto al ministro dalle colonne della Stampa: «Invito il ministro a sedersi attorno a un tavolo con noi. Potremo spiegare a lei ai suoi collaboratori cos’è un brief e quali sono i tempi e i modi per una corretta realizzazione di una campagna efficace. Spiegare come si sviluppa un progetto e valutare il risultato finale. Dare assistenza, insomma. Poi, però, chi la campagna la realizza deve essere pagato. Qui hanno fatto un errore dopo l’altro e anche dire che il fatto che se ne parli è un risultato è un altro errore. Forse poteva essere così tempo fa, quando era difficile ottenere visibilità, ma non certo oggi».
Nella stessa intervista si apprende che le premesse per il fallimento della campagna si intravedevano fin dalla pubblicazione del bando: «Il bando per la campagna del Fertility Day è stato aperto il 18 dicembre con chiusura il 28 dello stesso mese. Con Natale in mezzo. Ma stiamo scherzando? Per una campagna seria ci vuole almeno un mese di lavoro. So di agenzie che hanno scelto di non partecipare. All’estero, anche nelle istituzioni, c’è maggior consapevolezza di cosa voglia dire comunicare in maniera efficace». Se chi commissiona il lavoro non ha coscienza della mole di lavoro e delle competenze necessarie a realizzarlo, non c’è da stupirsi se poi le cose non vengono bene.
Allargando un po’ il discorso, alcune testate hanno scritto che proprio nella Giornata della contraccezione (26 settembre), è stata comunicata alle farmacie la decisione dell’Agenzia italiana del farmaco (Aifa) di operare una riclassificazione delle pillole contraccettive in commercio, spostando le ultime rimaste in fascia A (e quindi coperte dal Servizio sanitario nazionale) alla fascia C (totalmente a carico del cittadino). Non sappiamo se si tratti di un’azione coordinata (l’Aifa, pur essendo autonoma, agisce sotto la direzione del Ministero), ma come mossa per aumentare le nascite potrebbe rivelarsi certamente più efficace rispetto ai cartelli della campagna per il Fertility Day. Si tratta di una battuta ovviamente, visto che per molte donne la pillola contraccettiva è un farmaco usato per la cura di varie patologie.
Giusto per non sembrare accaniti detrattori della comunicazione del Ministero della salute, citiamo in chiusura un’altra campagna dalla dubbia progettazione. Se infatti è difficile che una donna sia portata a fare figli perché un cartello glielo suggerisce, altrettanto poco probabile sarà che qualcuno che non è abituato a leggere cominci a farlo grazie a qualche volontario che indossa la maglietta di #IoLeggoPerché. La campagna dell’Associazione italiana editori (Aie) di quest’anno prevede la donazione di libri a biblioteche scolastiche e aziendali, ma senza un programma efficace per fare in modo che poi qualcuno vada a leggerseli, e sviluppi un interesse e uno spirito critico verso la lettura. Come si può vedere dal sito internet, la spinta è al reclutamento di volontari che si facciano “messaggeri” della campagna: «Studenti di ogni età, insegnanti, genitori e nonni sensibili, lettori appassionati e non, librai e bibliotecari possono iscriversi e diventare Messaggeri».
Anche in questo caso, si sottovaluta l’importanza di avere persone formate e competenti, affidandosi al volontariato per diffondere ingenuamente un messaggio molto importante e articolato. Come si chiede Christian Raimo su Minima&Moralia, «l’idea stessa che regalare libri alle biblioteche scolastiche e aziendali sia un bene in sé è autoevidente? Non è chiaro invece che, sarà certo lodevole dotare le biblioteche di più libri, ma la vera sfida è formare e sostenere economicamente dei bibliotecari scolastici o aziendali, non un’elemosina una tantum? I mediatori di tutto questo non possono essere “gli entusiasti messaggeri pronti a tutto”, ma figure professionali a cui venga lasciata la possibilità di progettare sul lungo periodo».
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