Stanno succedendo tante cose notevoli a livello internazionale, per chi ha voglia di mettere la testa fuori dall’Italia e dalle paginate di “indiscrezioni” sul futuro governo, i presidenti di Camera e Senato, ecc., che riempiono l’informazione da settimane. Uno scompiglio generato, in molti casi, da indagini giornalistiche.
Prima c’è stata la vicenda di Jan Kuciak, giornalista slovacco 27enne, ucciso in un attentato assieme alla fidanzata ancora prima che potesse ultimare l’inchiesta su cui stava lavorando. Kuciak stava indagando su presunti legami tra membri del governo slovacco e criminalità organizzata (anche italiana) per l’assegnazione di fondi strutturali dell’Unione europea. Il doppio omicidio ha innescato una serie di manifestazioni molto partecipate a Bratislava, che chiedevano conto al governo delle accuse sollevate (l’inchiesta è stata pubblicata postuma e incompleta dopo la morte del giornalista). Si è innescata una crisi politica che ha portato, in seguito, alle dimissioni del primo ministro slovacco Robert Fico. Dimissioni non incondizionate, visto che Fico ha dichiarato che le avrebbe date a patto che fosse il suo partito a nominare il successore a capo del governo. L’abbandono dell’incarico di Fico non è bastato agli slovacchi che subito dopo, il 17 marzo (le dimissioni erano state rassegnate il giorno prima), sono tornati in piazza per chiedere elezioni anticipate.
Poi c’è stato il caso di Nicolas Sarkozy, ex presidente francese, fermato dalla polizia giudiziaria per una vicenda legata al finanziamento della campagna elettorale con cui vinse le elezioni nel 2007. Si sta indagando su una pista che indica la Libia (e in particolare l’allora presidente Muammar Gheddafi) come fonte di finanziamenti illeciti. Anche in questo caso, il giornalismo ha un ruolo centrale nella vicenda, visto che le indagini sono partite nel 2013 a seguito di un’inchiesta del sito Mediapart dell’anno precedente. «Mediapart aveva presentato un documento che diceva essere ufficiale in cui si stabiliva un “accordo di principio” per il pagamento da parte della Libia di una somma pari a 50 milioni di euro per la campagna presidenziale di Sarkozy – spiega il Post –. Mentre alcuni membri dei servizi segreti libici avevano contestato l’autenticità del documento, Ziad Takieddine, un uomo d’affari che aveva svolto il ruolo di intermediario tra la Francia e il regime di Gheddafi nel settore degli armamenti, aveva dichiarato che il documento era “credibile”. Nicolas Sarkozy aveva presentato una denuncia contro Mediapart per “pubblicazione di notizie false”. Quattro anni dopo, i giudici hanno dichiarano che il documento non era un falso». Sono passati altri cinque anni prima che Sarkozy fosse sottoposto a un interrogatorio, e si vedrà se si arriverà a un vero e proprio processo o se non ci sono gli elementi per procedere nelle indagini. Non sempre dunque le inchieste portano a effetti concreti immediati. La realtà ha tempi più lunghi e processi più complessi di quelli che siamo abituati a vedere riassunti nei film o nelle serie televisive.
Altro caso è quello che sta coinvolgendo la società di marketing Cambridge Analytica e indirettamente anche Facebook. Per farsi un’idea della situazione, rimandiamo a uno dei consueti “spiegoni” del Post, che mette in ordine ciò che si sa fin qui. I giornali italiani hanno fatto una certa confusione in questi giorni, parlando di “profili rubati” agli utenti Facebook. Lo “scandalo” che sta montando nasce anche in questo caso da due inchieste giornalistiche, realizzate in parallelo dal New York Times e dal Guardian. Al momento, dopo le immediate notizie di caduta del valore del titolo in borsa, non sembra ci saranno conseguenze immediate per l’azienda di Mark Zuckerberg. Ma, come dicevamo prima, i tempi della realtà spesso sono lunghi. Staremo a vedere. Ciò che ci preme evidenziare qui è che, in un periodo in cui l’autorevolezza dei giornalisti e delle testate per cui lavorano è pesantemente messa in discussione (per esempio da politici come Donald Trump), le inchieste giornalistiche (quelle fatte bene, con cura, prendendosi il tempo per verificare le fonti) hanno ancora un peso nel funzionamento delle democrazie.
(Foto di Ed Schipul su flickr)