di Federico Caruso
«Che tipo di vita potrà avere mio figlio?». È la domanda che si è posta una donna in attesa di un bambino al quale è stata diagnosticata la sindrome di Down. La campagna “Dear future mom” – realizzata in occasione della Giornata mondiale della sindrome di Down, che si celebra oggi – è il tentativo di rispondere al dubbio della futura madre, con uno spot (che potete vedere qui in basso) realizzato da Saatchi & Saatchi in collaborazione con CoorDown. Per girarlo sono stati coinvolti quindici ragazzi affetti da “Trisomia 21” (altro nome della sindrome) che, con le loro parole e i loro gesti, spiegano alla futura mamma che non deve preoccuparsi, e che suo figlio potrà vivere una vita straordinariamente normale.
Chi scrive si è trovato alcuni mesi fa, per i casi della vita, a condividere l’appartamento con un ragazzo affetto da sindrome di Down. Com’è inevitabile, non avendo alcuna esperienza simile nel mio passato, mi muovevo in questa relazione come un elefante in una cristalleria, affascinato da ciò che vedevo attorno a me ma terrorizzato dal fatto di poter frantumare gli equilibri. Così ho iniziato a pensare a tutte le differenze che sembravano separare me dalla persona che avevo davanti, e ho iniziato a elencare tra me e me:
«È straordinariamente sensibile, una parola detta col tono sbagliato lo può ferire profondamente. Del resto non è solo una sensibilità verso se stesso e i propri sentimenti, ma anche verso ogni tipo di forma artistica. Sembra cogliere lo spirito profondo che sta dietro a una canzone, a un quadro. Poi magari vi si attacca in maniera ossessiva, non riesce più a staccarsene; un po’ come facciamo tutti, magari per periodi più brevi. Sa essere generoso e disinteressato e al contempo egoista e diabolico, ma in fondo è evidente che il senso di colpa si impadronisce di lui quando si comporta in questi ultimi modi. Cede a una debolezza, ma è dotato di discernimento. Ecco una cosa strana, tende a fare affidamento a entità invisibili, o ad attribuire aspetti umani a oggetti inanimati. Che poi non è nemmeno così strano: tutti abbiamo elaborato un nostro sistema di credenze (che può capitare di abbandonare o cambiare), anche se magari siamo più bravi a non essere così trasparenti con gli altri. Talvolta ha cambi di umore repentini, passando da grande euforia a grande irascibilità e viceversa, ma basta saperlo prendere (non sempre in maniera amichevole) e si calma. Si esprime in maniera a volte confusa, perde il filo del discorso, non arriva alla fine. O magari non sa esattamente cosa vuole e fa richieste poco coerenti. Beh, in fondo, a chi non capita di tanto in tanto?».
Insomma, più proseguivo nella mia elucubrazione e più tornavo continuamente alla domanda iniziale: quali sono queste differenze? La risposta è ovvia e non può che condurre alla constatazione che sì, le differenze pratiche ci sono ed è impossibile negarlo. Ma non esistono due mondi, il “nostro” e il “loro”. Condividiamo gli stessi spazi, gli stessi sentimenti, ed è solo il pregiudizio a farci percepire una grande distanza.