Ci sono tecniche giornalistiche, o meglio di scrittura giornalistica, che funzionano sempre. Ne sa qualcosa Massimo Gramellini, che con la sua abile penna firma ogni giorno una rubrica sagace e arguta sul Corriere della Sera. Il trucco sta nel prendere un singolo caso dalla cronaca di un giornale locale, e costruirci un ragionamento generale. Il meccanismo ha funzionato alla perfezione nell’articolo di sabato 15 luglio, intitolato “La cameriera scomparsa”. Vi si narra di un albergatore della provincia di Bologna che, dopo averle «provate tutte» per trovare una cameriera da assumere, si ritrova con pochissime candidature, tutte caratterizzate dalle riserve tipiche dei giovani choosy: «Una ragazza gli ha detto che sarebbe stata libera soltanto ad agosto, perché prima in vacanza voleva andarci lei. Un’altra si è dichiarata disponibile da subito, a patto che non le si chiedesse di lavorare durante i fine settimana, quando evidentemente immagina che negli alberghi si instauri un regime autarchico imperniato sul self-service». La conclusione si scrive da sola: «Può darsi che, a dispetto delle statistiche, la situazione non sia ancora così disperata da rendere appetibili i lavori stagionali». C’è spazio anche per una piccola critica al sistema che dovrebbe mettere in contatto gli studenti col mondo del lavoro: «Resta il fatto che l’entrata dell’hotel fronteggia quella di un istituto alberghiero a cui risultano iscritti novecento studenti. Bisognosi, si presume, di esperienze pratiche».
Il quadro è evidente: il lavoro c’è, ma questi giovani pensano solo a farsi le vacanze con la paghetta della nonna. La storia che ha fatto da spunto per la rubrica è questo articolo pubblicato sul Resto del Carlino l’11 luglio. A leggere quanto scritto dal giornalista Claudio Bolognesi sembra tornare tutto, compresa la postilla sull’istituto alberghiero.
Una narrazione perfetta, utile a ripetere per l’ennesima volta uno dei tanti luoghi comuni che circolano sui giovani, ossia che non abbiano voglia di lavorare, o comunque di “farsi il mazzo” accettando qualsiasi lavoro disponibile. Questo ragionamento si fonda però sul concetto di “gavetta”, cioè una cosa che esisteva quando c’era tanto lavoro. Oggi molti ragazzi che accettano di diventare “manodopera non specializzata” (come i camerieri o gli operatori di call center) si ritrovano in trappola: senza prospettive di crescita né possibilità di dedicarsi nel frattempo alla ricerca di qualcos’altro o alla formazione, perché non c’è tempo e le paghe sono basse. L’unica alternativa possibile sono altri lavori che non prevedono nessuna qualifica né possibilità di crescita. Per questo molti, se possono (cioè se la famiglia li sostiene), scelgono di stare fuori dal mercato del lavoro, in attesa di qualcosa di meglio. Possiamo definirli choosy? Crediamo di no, a meno di non voler fare i moralisti.
Detto questo, è bastata una telefonata per smontare tutta la vicenda descritta dal Carlino. Ci ha pensato Alessandro Gilioli che, il giorno stesso dell’uscita del pezzo di Gramellini, ha pubblicato sul suo blog “La vera storia della cameriera scomparsa”. Gilioli si è limitato a telefonare all’albergatore, il signor Claudio Ortichi, che ha specificato di non aver «mai – mai – messo un annuncio su un sito o su un giornale per cercare una cameriera. Si è limitato, il 31 maggio scorso, a scrivere un post sulla sua bacheca Facebook, in cui ha 1262 amici. Tra un post sulla Juve e uno contro i maltrattamenti animali, aveva scritto tre righe per dire che cercava una cameriera che sapesse un paio di lingue. Nessun accenno al tipo di assunzione, nessun accenno alla paga, soprattutto nessun numero di telefono o mail a cui rivolgersi». Da una chiacchierata con un amico giornalista è nato lo spunto per l’articolo del Carlino dove, più che ricostruire, si costruisce la vicenda dello sprezzante rifiuto dell’opportunità professionale nonostante la disoccupazione giovanile al 37,8 per cento.
A scomparire, o meglio a non essere mai comparso, è dunque l’annuncio, ancor prima della cameriera. Visto che siamo in clima moraleggiante, non vogliamo sottrarci nemmeno noi. Sarebbe bene non trattare con leggerezza un problema grande come quello della mancanza di lavoro per i giovani. L’ultima indagine della Commissione europea ha messo in luce un quadro davvero preoccupante, su cui sarebbe opportuno che i giornalisti interrogassero la politica per chiederle quali sono le risposte che intende dare. Certo fa più presa la storiella della cameriera piuttosto che le tabelle e i grafici dello studio, ma magari con qualche espediente giornalistico li si può rendere altrettanto accattivanti. Le capacità tecniche e l’inventiva non mancano. Inoltre, si fa un gran parlare di fake news, dando la colpa di tutto a Internet. In questo caso (come in molti altri) la rete è solo il veicolo della notizia falsa, la responsabilità è di chi scrive.
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