Francesco Costa riporta sul suo blog un estratto da un’intervista a Giovanni Falcone risalente al 1991, in cui il giudice esprimeva le proprie considerazioni in merito alla necessaria riforma del sistema giudiziario italiano. Le proposte risultano attuali dato che, da allora, molto si è detto ma ben poco si è fatto. La pubblichiamo con i tagli operati da Costa, mentre per la versione integrale rimandiamo a questo link.
La questione centrale, che non riguarda solo la criminalità organizzata, sta nel trarre tutte le conseguenze sul piano dell’ordinamento giudiziario che il passaggio dal processo inquisitorio al processo accusatorio comporta. Se questa riforma dell’ordinamento non sopravviene rapidamente il nuovo processo è destinato a fallire. Un sistema accusatorio parte dal presupposto di un pubblico ministero che raccoglie e coordina gli elementi della prova da raggiungersi nel corso del dibattimento, dove egli rappresenta una parte in causa. Gli occorrono, quindi, esperienze, competenze, capacità, preparazione anche tecnica per perseguire l’ obbiettivo. E nel dibattimento non deve avere nessun tipo di parentela col giudice e non essere, come invece oggi è, una specie di para- giudice. Il giudice, in questo quadro, si staglia come figura neutrale, non coinvolta, al di sopra delle parti. Contraddice tutto ciò il fatto che, avendo formazione e carriere unificate, con destinazioni e ruoli intercambiabili, giudici e Pm siano, in realtà, indistinguibili gli uni dagli altri. Chi, come me, richiede che siano, invece, due figure strutturalmente differenziate nelle competenze e nella carriera, viene bollato come nemico dell’indipendenza del magistrato, un nostalgico della discrezionalità dell’ azione penale, desideroso di porre il Pm sotto il controllo dell’Esecutivo. È veramente singolare che si voglia confondere la differenziazione dei ruoli e la specializzazione del Pm con questioni istituzionali totalmente distinte. Gli esiti dei processi, a cominciare da quelli di mafia, celebrati col nuovo rito, senza una riforma dell’ordinamento, sono peraltro sotto gli occhi di tutti. […]
Si può dire che siamo in una delicatissima fase di transizione in cui si contrappongono due concezioni, quelle che già si scontrarono sui pool, tra chi sostiene che ogni magistrato può essere titolare di ogni tipo d’ indagine e chi, come il sottoscritto, reputa illusorio per questa via arrivare ad indagini con risultati processuali apprezzabili nei confronti di una criminalità organizzata che opera su scala nazionale e internazionale. Cosa facciamo? Seguitiamo a contrapporgli il procuratore di Patti o di S. Maria Capua Vetere, sol perché la polverizzazione individuale delle competenze della magistratura impedirebbe il suo condizionamento politico? E come rendere compatibile il coordinamento delle indagini tra una polizia con struttura sempre più centralizzata e una magistratura polverizzata nel territorio? Come arrivare a una strategia d’intervento su larga scala? Un passo in avanti mi sembra la recente proposta di concentrare le inchieste sulla criminalità organizzata dalle 159 procure presso i tribunali alle 26 procure presso la Corti d’ Appello. Occorrerebbe ora orientarsi alla creazione di una struttura di procuratori esclusivamente dedicati a questo tipo d’indagini e processi […]
Vorrei fare una premessa di carattere più generale sul rapporto magistratura-polizia: ebbene io credo che sia profondamente sbagliata la concezione, che si evince anche dal nuovo codice, secondo cui il Pm è il capo effettivo, addirittura operativo, della polizia giudiziaria. Si è confuso l’ organo investigativo con l’ organo dell’esercizio dell’azione penale. Il controllo di un Pm che indica alla polizia i modelli giuridici validi e ne controlla l’ applicazione è una norma di civiltà, ma il timore che una polizia giudiziaria troppo indipendente possa ledere l’ indipendenza della magistratura si è tradotto nella pericolosa e velleitaria utopia di un Pm, magari di prima nomina, superpoliziotto per diritto. È questa una delle cause della attuale situazione catastrofica, in cui la polizia giudiziaria è indotta a deresponsabilizzarsi, attende istruzioni e si appiattisce sull’inadeguatezza del Pm, divenuto punto di riferimento di ogni possibile errore. […]
Da noi abbiamo tre organismi -Carabinieri, Ps e GdF- con competenze promiscue e indifferenziate. Si dice che questo esalta una concorrenza positiva ma non è vero niente: non serve a nessuno che tutti e tre lavorino sulle stesse indagini e questo provoca solo duplicazioni e intralci reciproci. Occorre puntare ad una agenzia investigativa, come c’è in tutti i paesi, un corpo bene addestrato e professionalmente agguerrito. Forse, però, sarebbe opportuno procedere per gradini intermedi, sulla base di una idea guida, iniziando con un coordinamento dei vertici e andando avanti con progressive modifiche per arrivare ad un corpo unico d’investigatori.
ZeroNegativo si prende una piccola pausa e ritorna lunedì 19 agosto. Buon ferragosto a tutti!