Alcuni giorni fa, il più importante funzionario sanitario federale degli Stati Uniti, Vivek Murthy, ha lanciato un avvertimento pubblico sui rischi dati dall’uso dei social media da parte degli adolescenti, esortando a indagare meglio i possibili «danni alla salute mentale e al benessere di bambini e adolescenti».

Nel documento che contiene le dichiarazioni, Murthy ha osservato che «ci sono indicatori evidenti del fatto che i social media possono aumentare il rischio di danni per la salute mentale e il benessere di bambini e adolescenti».

Il rapporto, ha spiegato il New York Times, include raccomandazioni pratiche per aiutare le famiglie a guidare l’uso dei social media da parte dei bambini. Inoltre raccomanda alle famiglie di tenere alla larga i dispositivi elettronici durante i pasti e gli incontri di persona, per aiutare a costruire legami di qualità e promuovere la conversazione. Suggerisce di creare un “piano mediatico familiare” per definire le aspettative sull’uso dei social media, compresi i limiti relativi ai contenuti e alla riservatezza delle informazioni personali.

Murthy ha inoltre invitato le aziende tecnologiche ad applicare limiti minimi di età e a creare impostazioni predefinite per i bambini con elevati standard di sicurezza e privacy.

Quella dell’adolescenza è una fase particolare dello sviluppo del cervello, quindi bisogna usare tutte le cautele. Con l’aumento dell’uso dei social media, negli Stati Uniti sono aumentate anche le autodiagnosi e le diagnosi cliniche di ansia e depressione tra gli adolescenti, nonché le visite al pronto soccorso per autolesionismo e tendenze suicide. Questo non vuol dire che le due cose siano necessariamente correlate, e l’intento del documento è proprio incoraggiare ulteriori studi in tal senso.

Le ricerche fatte finora sul tema hanno dato risultati contrastanti, ma è chiaro che i social media possono avere un impatto sia positivo che negativo sul benessere dei giovani e che l’uso intensivo dei social media, e in generale il tempo trascorso davanti a uno schermo, sembra aver sostituito attività come il sonno e l’esercizio fisico, cruciali per lo sviluppo del cervello.

Dal lato positivo, i social media possono aiutare molti giovani offrendo loro uno spazio per connettersi con gli altri, trovare una comunità ed esprimere se stessi.

Allo stesso tempo, Murthy sottolinea che le piattaforme sono piene di “contenuti estremi, inappropriati e dannosi”, compresi quelli che “possono normalizzare” l’autolesionismo, i disturbi alimentari e altri comportamenti autodistruttivi. Il cyberbullismo è inoltre dilagante.

I social media possono essere pericolosi soprattutto per i giovani, si legge ancora nel documento: «All’inizio dell’adolescenza, quando si stanno formando l’identità e il senso di autostima, lo sviluppo del cervello è particolarmente suscettibile alle pressioni sociali, alle opinioni e al confronto tra pari».

Il documento fa notare che le aziende tecnologiche hanno tutto l’interesse a mantenere gli utenti online e che utilizzano tattiche che invogliano le persone a intraprendere comportamenti simili alla dipendenza.

Un portavoce di Meta, proprietaria di Instagram e Facebook, ha dichiarato al Times che il parere include raccomandazioni «ragionevoli e che, in gran parte, Meta ha già attuato». Tra queste il fatto di rendere automaticamente privati gli account dei minori di 16 anni su Instagram e di limitare il tipo di contenuti che gli adolescenti possono vedere sull’applicazione.

Questo tipo di documenti non ha effetti vincolanti, ma è molto importante per far convergere il dibattito pubblico su temi ritenuti importanti dalle autorità sanitarie. Interventi simili, spiega il Times, in passato hanno contribuito a spostare la conversazione sul fumo negli anni ’60, sull’HIV e l’AIDS negli anni ’80 e sull’obesità nei primi anni 2000.

(Foto di Steve Gale su Unsplash)

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