I rappresentanti delle maggiori istituzioni scientifiche di tutti i 27 paesi membri hanno firmato una dichiarazione comune indirizzata ai candidati alle imminenti elezioni europee, per sottolineare l’importanza di una ricerca scientifica che sia aperta, libera e adeguatamente finanziata.
Seppure non siano presenti riferimenti espliciti, quello delle accademie scientifiche è stato interpretato come un messaggio di preoccupazione di fronte alle derive portate da alcuni partiti politici, situati soprattutto all’estrema destra, che nel corso degli ultimi anni hanno fatto il possibile per screditare il lavoro scientifico con campagne di disinformazione, fake news e teorie negazioniste.
“Cinque secoli fa, Galileo fondò l’Accademia dei Lincei, di cui sono ora membro”, ha detto a Le Monde Patrizio Bianchi. “All’epoca, gli scienziati dovevano essere protetti… Oggi le nostre 27 istituzioni cercano di ricordare ai leader europei l’importanza di questo settore per il futuro del continente. Le elezioni di giugno non saranno elezioni qualsiasi, saranno cruciali in un contesto di grande incertezza”.
Nella loro lettera, in particolare, i ricercatori hanno affermato che è “essenziale salvaguardare il carattere aperto e di collaborazione internazionale della ricerca scientifica”, che ritengono importante per le relazioni internazionali anche al di là del mondo accademico”. I decisori politici dovrebbero quindi evitare di erigere barriere, proteggendo invece i principi della libertà accademica, dell’autonomia istituzionale e dello scambio internazionale di persone e informazioni, garantendo al contempo condizioni di lavoro sicure e sostenibili per scienziati e studenti. Questa richiesta arriva in un momento in cui molti partiti politici di destra ed estrema destra propongono un’idea di Europa intesa come una fortezza.
“Per garantire la leadership globale dell’Europa nella scienza e nell’innovazione sono necessari investimenti stabili nella ricerca, nell’innovazione e nell’istruzione”, sottolineano i ricercatori. In particolare, chiedono agli Stati membri dell’UE di onorare “l’ambizione reciprocamente concordata di investire il 3% del PIL all’anno in ricerca e sviluppo”.
Attualmente siamo molto lontani dall’obiettivo, visto che l’Unione si è attestata in media sul 2,2% per il 2020.
Infine, le 27 istituzioni incoraggiano i futuri membri del Parlamento europeo, così come tutti i leader europei, a utilizzare “le evidenze scientifiche in maniera costante e oculata nella definizione delle loro politiche. Le sfide che ci attendono, tra cui il cambiamento climatico e la perdita di biodiversità, le migrazioni internazionali e la sicurezza alimentare, sono così complesse e urgenti che non possono essere affrontate efficacemente senza la scienza e senza un dialogo di fiducia tra scienza, politica, società civile e attori economici”.
(Nella foto Patrizio Bianchi alla COP26; fonte: flickr)
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