di Marco Calini
Sicurezza da sicuro (sine cura), ossia senza preoccupazione. Di qualunque tipo -andrebbe ribadito-, invece preoccupante, e sul serio, è la perdita progressiva di valenze con cui un termine si salda alla realtà. Questo è poco ma sicuro; sicurezza si declina soltanto in due occasioni, quando le morti bianche scrivono le pagine più nere di cronaca e, soprattutto in forza del gusto dato dall’opinabilità del tema, quando la tranquillità degli indigeni si sente minacciata dagli stranieri. Perché la sicurezza è sempre questione di pelle, la propria, è sacrosanto creare le condizioni per minimizzare ogni rischio. Io, come altri, la pelle la rischio quando mi affaccio allo stop a 100 metri circa da casa e le auto parcheggiate non rispettano i 5 metri dall’incrocio. Il calibro di via Carlo Cattaneo (Legnano City) non è quello dei Campi Elisi parigini, la strada è a doppio senso, la svolta (a destra, perché quella a sinistra rivelerebbe un disprezzo della vita che ancora mi è precluso) un vero atto di Fede. E con la maiuscola, perché riposta nella Provvidenza e non negli uomini. Non l’ho mai sperimentato e mi auguro di non trovarmi mai minacciato, coltello in pugno, da chicchessia o di trovarmi la casa svaligiata, sempre da chicchessia. Dico però che la ghirba si rischia ancor di più se addosso ti arriva un corpo A con quantità di moto (e di pericolo) uguale –insegna la fisica– a massa per velocità. Il malvivente pone il dilemma la borsa o la vita; se ne può uscire spaventati, alleggeriti nel portafoglio ma fisicamente integri. Da un incidente si può uscire illesi, si può uscire male o non uscire del tutto. Poiché anche all’incrocio con via Asti -l’altra via d’uscita- la sicurezza campa cavallo, tutti d’accordo che basterebbe non uscire di casa. Ma -appunto- bisogna pur campare, quindi andare al lavoro. Se vado in bici no problem; in auto (solo quando piove) io speriamo che me la cavo.