Come scrivevamo di recente su ZeroNegativo, l’Italia ha un problema con l’autosufficienza di plasma. Secondo dati riportati dal Centro nazionale sangue (CNS), «Per sopperire al fabbisogno nazionale di immunoglobuline e albumina il Sistema Sanitario Nazionale dovrà affrontare nel 2023 una spesa stimata di circa 179 milioni di euro». Questo perché il nostro paese non è stato in grado di raccogliere una quantità sufficiente di plasma: «Nel 2022 si sono raccolti circa 14,2 kg di plasma per ogni 1.000 abitanti – prosegue il CNS –, una quota inferiore a quella che porterebbe all’autosufficienza che si attesta almeno sui 18 kg. La mancata autosufficienza ha costretto e costringerà l’Italia a ricorrere al mercato internazionale per acquisire medicinali plasmaderivati».

Come spiega ancora il CNS, la donazione di plasma è «un prelievo effettuato tramite un’apparecchiatura (separatore cellulare) che immediatamente separa la parte corpuscolata, ovvero globuli rossi, bianchi e piastrine, dalla componente liquida che viene raccolta in una sacca di circa 600-700 ml». Proprio quest’ultimo dato, la dimensione della sacca è da tempo al centro di un acceso dibattito tra Avis e gli altri attori del sistema sangue.

In diverse occasioni, infatti, è stato fatto notare che tale limite finisce per penalizzare le donne, che generalmente hanno una corporatura più minuta degli uomini e che, quando sono in età fertile, hanno spesso una pressione sanguigna più bassa e ogni mese affrontano perdite di sangue dovute al ciclo mestruale. Riducendo la dimensione minima della sacca, è la proposta avanzata dalle presidenti di alcune Avis regionali, si potrebbero far donare molte di quelle donne a cui per i motivi appena elencati viene normalmente sconsigliato di donare plasma.

Questo limite di dimensione della sacca è dovuto all’applicazione di un decreto ministeriale datato 2 novembre 2015, che pone il livello “ottimale” delle sacche per la plasmaferesi a 600-700 ml.

Come fa però notare il periodico di Avis Veneto Dono & Vita, lo stesso decreto «indica che può essere conferito all’industria plasma in sacche da separazione di circa 200 ml. È la parte di plasma contenuta in una normale donazione di sangue da 450 ml. Sempre lo stesso DM prevede anche sacche raccolte con plasmaferesi multicomponent pari a 400 ml e, infine, in sacche da plasmaferesi di 600-700 ml».

Dunque, nella pratica, non c’è alcuna necessità di mantenere un limite così rigido per la raccolta di plasma, e abbassarlo permetterebbe di includere tante donne (ma anche uomini con caratteristiche troppo vicine ai limiti minimi) che vorrebbero donare ma vedono la propria disponibilità respinta.

Il CNS nel 2021 ha emesso una nota non vincolante che delegava la decisione ai servizi trasfusionali. Si tratta di un parere, appunto, non vincolante, ma al momento la situazione di fatto è questa.

Sarebbe utile un chiarimento quanto prima, per i motivi descritti in apertura ma anche perché, come fa notare anche Dono & Vita, è ora che il principio della medicina di genere (ma sarebbe meglio dire “medicina genere specifica”) faccia il suo ingresso anche nel sistema sangue.

(Foto di Nguy?n Hi?p su Unsplash)

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