In Italia, 800 bar e locali espongono il logo che vedete qui a fianco. È il marchio distintivo della campagna “SenzaSlot”, e identifica quegli esercizi commerciali che hanno deciso di darci un taglio con i guadagni derivanti dal gioco d’azzardo. Quest’ultimo è uno dei temi “caldi” che periodicamente torniamo ad affrontare, perché ormai il fenomeno ha assunto i contorni del problema strutturale. Alcune settimane fa citavamo il dato sul gioco online, secondo cui l’Italia è il Paese che ha subito una flessione più pesante del pil, e contemporaneamente quello che ha stabilito un impressionante record mondiale: «Abbiamo meno dell’uno per cento della popolazione mondiale e il 22 per cento del mercato globale dei giochi online» (comunicato Netmediacom).
In generale, il gioco d’azzardo è un problema perché colpisce soprattutto le fasce di popolazione con reddito medio-basso (in aumento). Secondo i dati più recenti «Le famiglie giocatrici più povere spendono circa il 3 per cento del loro reddito in questo tipo di giochi, mentre quelle più ricche spendono meno dell’1 per cento». In un post di qualche mese fa parlavamo di tassazione volontaria: il banco (cioè lo Stato) vince sempre, e infatti ogni anno entrano nelle casse dell’erario 9,2 miliardi di euro da questa preziosa fonte. È leggendo dati come questi che Mauro Vanetti e Pietro Pace, due trentenni di Pavia, hanno ideato e promosso il sito www.senzaslot.it. L’obiettivo è slegare l’ambiente del bar, spesso luogo di ritrovo e di socialità, da quello del gioco, e quindi dello sperpero di denaro: «L’idea di questa web application -raccontano i due ideatori al mensile Piazza Grande– è nata da una riflessione che riguarda il nostro territorio. Viviamo in una città in cui ci sono tantissime slot. Un giorno abbiamo detto: noi da oggi non vogliamo che questi bar abbiano i soldi del nostro caffè, non vogliamo che la socialità legata al caffè arrivi a “pulire” l’ambiente di queste attività, che non è gradevole per niente se ne consideriamo il target: la povera gente, i pensionati o i disoccupati, che sperano così di cambiare la propria vita».
I due sono ben consapevoli di tutto il mercato illegale che gravita attorno a slot e macchinette affini: «Sappiamo benissimo che questo mercato si sviluppa su due strade parallele: quella legale e quella legata alla malavita organizzata. Utilizzare le slot finanzia questo tipo di attività ed è ciò che noi vogliamo condannare». Il sito internet della campagna ha la doppia finalità di segnalare su una mappa i bar che hanno aderito, in modo da poter scegliere, se vi trovate in una città che non conoscete, dove andare a bere un caffè evitando il rumore di sottofondo delle monetine; e poi quella di aderire, cosa che può essere fatta da chi gestisce un locale, ma anche da chi è a conoscenza di un bar che ha scelto di non avere slot e vuole che la cosa si sappia. Un’iniziativa interessante, che ricorda la logica di Addiopizzo, l’associazione siciliana che riunisce commercianti e imprenditori che si rifiutano di pagare il “pizzo” alla mafia. Creare una comunità che si riconosce in un comportamento virtuoso, anche se difficile, contribuisce a legittimare la scelta e a unire chi ne fa parte. Quindi buon caffè a tutti, e che sia lungo, ristretto, macchiato o amaro, ma pur sempre “SenzaSlot”.