L’aumento delle temperature e dell’anidride carbonica nell’atmosfera dovuto all’inquinamento farà raddoppiare, nel corso dei prossimi 40 anni, il numero di persone che in Europa soffrono di allergia all’ambrosia. Lo spiega Camilla Fiz su Scienza in Rete.

Dalla famiglia delle Asteraceae, l’ambrosia non è soltanto capace di provocare una tremenda allergia con rinite, congiuntivite, asma e dermatiti, ma è anche una pianta infestante. All’inizio del secolo i suoi semi sono arrivati via mare, a bordo delle granaglie per uccelli, dal Nord America in Europa. Qui hanno trovato un terreno fertile in cui crescere, diffondendosi in Ungheria, nei Balcani e dai primi anni 2000 anche in Italia, soprattutto nella pianura padana. L’ambrosia è una pianta pericolosa per noi e l’ambiente. Un pericolo, che però, non nasce in natura, ma vede nell’attività dell’uomo e nei cambiamenti climatici le principali cause. La responsabilità ancora una volta è nostra, ma possiamo imparare a proteggerci.

L’innalzamento delle temperature e delle concentrazioni di CO2 favoriscono la crescita e la produzione di polline di ambrosia. E come se questo non bastasse, bisogna considerare anche l’impatto dell’inquinamento sui suoi effetti. Agenti inquinanti, come l’ozono (O3) o il biossido di azoto (NO2) agiscono direttamente sul polline e lo indeboliscono, favorendo il rilascio degli allergeni. L’inquinamento, quindi, aggrava la situazione in due modi, sia aumentando le temperature e la crescita della pianta, che rendendo ancora più pericolosi i pollini prodotti. Le conseguenze sulla salute delle persone sono evidenti. Oggi in Europa, 33 milioni di persone sono sensibili al polline dell’ambrosia, ma i ricercatori stimano che raddoppieranno nel giro di quarant’anni. Al proseguirsi di inverni secchi e caldi, si prevede una maggiore diffusione della pianta in aree non ancora sensibili al rischio come la Francia e la Germania. Insieme a un aumento della gravità dei sintomi, dovuto a concentrazioni più alte di polline per tempi più prolungati.

Intuitivamente, i soggetti allergici sono quelli più a rischio per i sintomi da ambrosia, soprattutto nelle grandi città, dove sono maggiori le concentrazioni di CO2 ed è maggiore la diffusione della pianta. Se l’ambrosia sarà tra le specie più adatte per sopravvivere ai cambiamenti climatici, l’uomo sarà più vulnerabile e dovrà imparare a riconoscere i rischi e limitarli. Bisogna sapere che l’unico modo per contrastare la diffusione della pianta è evitare che fiorisca e produca i suoi pollini, la cui massima diffusione avviene tra agosto e ottobre. Con un inverno mite bisogna considerare che la germinazione può iniziare già a metà marzo e giocare d’anticipo, prima della fioritura estiva. Estirpare la pianta nelle prime fasi di vita, quando le radici sono debolmente attaccate al terreno. Ordinanze comunali del nord Italia, infatti, stabiliscono le modalità e i periodi in cui effettuare i tagli della pianta. Con la Lombardia in prima linea, i comuni delle aree soggette si sono attrezzati con progetti di comunicazione del rischio e operazioni di bonifica delle aree pubbliche.

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(Foto di Andrea Piacquadio su Pexels)

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