Il COVID-19 fa male anche a chi non ce l’ha. A essere colpite dalla pandemia sono infatti tutte le persone che hanno bisogno di cure sanitarie, per motivi non legati al coronavirus, e se le vedono negate perché il sistema sanitario è intasato di persone affette da COVID-19.

Se anche la protezione offerta dai vaccini sta funzionando nel proteggere le persone che hanno completato il ciclo vaccinale dallo sviluppo di sintomi che richiedano il ricovero, l’accesso alle strutture sanitarie di molte persone con sintomi gravi da COVID-19 (per lo più non vaccinate) toglie risorse da destinare ad altre patologie, più o meno gravi o croniche. Per questo, proprio come successo un anno fa, si stanno rimandando interventi e terapie considerate “non urgenti”, che però se trascurate possono invece diventarlo.

Ancora più grave la situazione per chi è affetto da malattie rare, come ha scritto Omar (Osservatorio malattie rare). Nonostante solo alcune regioni abbiano comunicato ufficialmente la sospensione dei servizi sanitari non urgenti, in realtà le denunce arrivano da tutta Italia.

Secondo uno studio di Cittadinanzattiva pubblicato a ottobre 2021, citato da Omar, «sono 13 milioni le visite specialistiche sospese a causa del COVID-19, 300mila i ricoveri non effettuati, 500mila gli interventi chirurgici rimandati e ben 4 milioni gli screening oncologici posticipati. Una situazione di ritardo endemico ormai non più accettabile».

«Le denunce dei ritardi a danno dei pazienti sono tante, troppe – spiega Ilaria Ciancaleoni Bartoli, direttrice dell’Osservatorio Malattie Rare – e sembra che nessuna regione italiana sia risparmiata. Il Governo ha stanziato 500 milioni ad agosto e altri 500 milioni sono approvati dalla legge di bilancio, ma i malati rari e cronici non hanno tempo di aspettare, rischiano che la propria situazione si aggravi irreversibilmente, rischiano di morire nell’attesa. È tempo che le risorse siano riallocate in maniera definitiva, creando percorsi dedicati in tutti i presidi. L’emergenza ormai dura da troppo tempo, non è più una questione differibile».

Segnalazioni a livello nazionale, riporta Omar, arrivano dall’Associazione nazionale porpora trombotica: «I pazienti stanno riscontrando difficoltà di accesso alle visite di follow up, a macchia di leopardo, su tutto il territorio nazionale – ha detto il presidente Massimo Chiaramonte –. Parliamo di ritardi delle visite programmate, ma anche dell’impossibilità di accedere a prestazioni in convenzione, di liste d’attesa infinite, di disagi di varia natura che si susseguono dalla Lombardia alla Sicilia».

Per quanto riguarda la Lombardia, Omar riporta la voce di Fortunato Nicoletti, vicepresidente dell’associazione Nessuno è Escluso, attiva prevalentemente nella regione: «Stiamo riscontrando fortissime difficoltà da parte delle circa 1000 famiglie con disabilità gravissima che rappresentiamo per i nostri bambini anche un controllo sta diventando impossibile. La disabilità gravissima necessita di risorse straordinarie anche per la gestione dei controlli di routine. Considerate che per fare una tac a una persona con disabilità gravissima è necessario il ricovero in terapia sub-intensiva per almeno una notte, ma i reparti sono stati riconvertiti per la gestione dei pazienti Covid. Di conseguenza i controlli per i nostri bambini e ragazzi sono rimandati a data da destinarsi. Ma le nostre indifferibilità sono diverse da quelle generali, i nostri ragazzi non hanno tempo, non possiamo aspettare».

Le denunce arrivano anche dal Piemonte: «Si escludono di fatto tutte le attività di assistenza ai malati reumatologici creando disuguaglianza nella assistenza a malati cronici e con disabilità spesso gravissime – si legge in una lettera firmata dal CReI, Collegio reumatologi Italiani e dalla SIR Società Italiana di Reumatologia e da una lunga serie di specialisti e Associazioni dedicate a patologie reumatologiche immunologiche e rare coordinate da Silvia Tonolo e Maddalena Pelagalli –. Siamo consapevoli della necessità di intervenire, prontamente e con grande forza, per assistere le persone colpite da COVID-19 e per tentare di ridurre la curva dei contagi ma al contempo va presa consapevolezza che tale necessità va avanti ormai da due anni e ha di fatto comportato delle scelte che hanno messo da parte i soggetti affetti da patologie croniche come quelle reumatologiche».

(Foto di Marcelo Leal su Unsplash)

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