Foto di Tobi Gaulke

Due mesi fa, il governo attualmente in carica si era presentato al Parlamento e agli italiani dandosi un obiettivo preciso: fare molte cose, molto in fretta. Molta della stampa non sta aiutando a capire ciò che veramente sta accadendo nei palazzi della politica e questo, unito allo stile comunicativo del presidente del consiglio, non può che fare aumentare la confusione attorno alle misure prese o non prese dal governo. L’impressione è che, nonostante lo sforzo di costruire l’immagine di un esecutivo a trazione anteriore, di strada se ne sia fatta poca. Prendiamo spunto dall’articolo, in costante aggiornamento, pubblicato da Valigia Blu in cui, rispondendo allo stile renziano in modo renziano, sono pubblicate una dopo l’altra le scadenze indicate dal governo per l’approvazione di decreti e riforme e il relativo conto alla rovescia. Scorrendo la pagina, si scopre che alla quasi totalità dei countdown già scaduti non è corrisposta l’attuazione delle misure promesse.

Nell’ormai celebre conferenza stampa seguita al conferimento dell’incarico di governo da parte del presidente Giorgio Napolitano, Renzi aveva infatti scandito una serie di riforme che avrebbero dovuto dare un volto nuovo al Paese con un’inesorabile cadenza mensile: a febbraio le riforme costituzionali e la nuova legge elettorale, a marzo la riforma del lavoro, ad aprile quella della pubblica amministrazione e a maggio quella del fisco. Febbraio e marzo sono passati, ma per le questioni elencate la strada si è dimostrata ben più lunga di quanto la solerzia renziana volesse illudere. Più realisticamente, si sarebbe forse dovuto dire chiaramente che, vista la portata delle materie in questione, tali date erano da intendere come inizio dell’iter di discussione e approvazione delle riforme, e non come fine, come si è cercato di fare. In un’altra sede, si era parlato di un censimento sul patto di stabilità, che doveva essere pronto entro il 10 marzo: non se ne sa nulla. Una delle più importanti riforme promesse da Renzi (ne parlava già ai tempi in cui giurava di non accettare mai un incarico di governo senza passare da elezioni) è il cosiddetto Jobs act, ossia una riforma molto ampia del mercato del lavoro che va al di là delle modifiche in discussione in questi giorni sui contratti di apprendistato e a tempo determinato. Nel Jobs act si dovrebbe parlare di riforma dei contratti di lavoro (e riduzione delle tipologie a un unico modello per il tempo indeterminato) e degli ammortizzatori sociali. Doveva essere pronto per l’incontro con Angela Merkel del 17 marzo, ma ancora niente da fare.

Durante un’intervista a Ballarò, il presidente del Consiglio ha inoltre promesso che nel giro di 15 giorni (era il 25 febbraio) sarebbe stato pronto un provvedimento per sbloccare 60 miliardi di debiti della pubblica amministrazione (sfruttando la Cassa depositi e prestiti). Effettivamente a marzo è stato presentato un disegno di legge per lo sblocco dei debiti, nel frattempo rivalutati a 68 miliardi, che saranno tutti pagati «entro luglio». Sarebbe un bel colpo, o meglio «uno choc», come ha detto Renzi. Vedremo. Sempre a marzo si sarebbe dovuti arrivare a una conclusione in merito al cuneo fiscale, ossia la differenza tra quanto costa all’azienda un lavoratore e quanto finisce effettivamente nelle tasche di quest’ultimo. Per ora siamo ai ripetuti annunci sugli 80 euro in busta paga, che non si è ancora capito se saranno un bonus una tantum o una misura permanente di riduzione dell’Irpef. Anche qui: vedremo. Dopo la altrettanto celebre “conferenza stampa delle slide (12 marzo), nella quale sono state presentate numerosissime misure in fase di elaborazione, si parlava di un piano per la spending review (che è cosa diversa dal piano presentato da Cottarelli, che ha valore solo di indirizzo per il governo) pronto entro 15 giorni, ma non si è visto. Insomma, al momento sembra che l’unico elemento a correre davvero rapido sia il timer che ci separa dalle prossime scadenze, ed è bene che il governo proceda a un repentino cambio di passo per non ritrovarsi con una montagna di compiti arretrati.