Foto di Sebastian Derungs

«Excuse me, are you the Prime Minister?». Questo si è sentito chiedere un paio di settimane fa il premier inglese David Cameron, da una donna di origini indiane da poco trasferitasi a Londra con il marito e la figlia. La domanda potrà apparire curiosa, visto che stiamo parlando di un personaggio la cui immagine è riprodotta quotidianamente dai media di tutto il mondo. Ma non è questo il punto. Ciò che rende l’episodio una notizia, per noi che stiamo all’altro capo dell’Europa, è che la conversazione sia avvenuta nel tube, la metropolitana londinese, su cui il primo ministro quel giorno viaggiava per recarsi a un appuntamento istituzionale, ben sapendo che ci avrebbe messo meno che usando un’”auto blu”, per giunta accompagnato da una sola guardia del corpo.

Che lezione di sobrietà, che esempio di stile, per l’appunto, british. Ma d’altra parte la scelta di Cameron non fa a pugni con i numeri diffusi dalla “Government car and dispatch agency”, l’autorità (che dipende dal Ministero dei trasporti) che gestisce le auto di servizio in dotazione ai rappresentanti dello Stato. «Al 31 marzo 2010 le auto blu in dotazione ai ministeri [britannici] erano 78 -si legge sul blog di Fabio Cavalera-, il parco auto era complessivamente di 261 nel 2010, sceso a 195 nel 2011. […] Gli addetti sono 239 e il costo complessivo è di circa 7 milioni di sterline».

Impietoso il confronto con l’Italia, sul cui territorio (la cui estensione è solo di 1/5 più grande di quella del Regno Unito) circolano complessivamente 86mila auto di servizio. Il monitoraggio, condotto dal centro studi Formez per conto del Ministero della pubblica istruzione, «ha riguardato tutte le autovetture della Pubblica amministrazione centrale e locale (escluse quelle con targhe speciali o destinate a funzioni di sicurezza e/o vigilanza). […] il parco auto delle Pubbliche Amministrazioni è composto da circa 5.000 auto blu/blu (sic, ndr) (auto di rappresentanza politico-istituzionale), 10.000 auto blu (auto al servizio della dirigenza delle amministrazioni, in linea di massima con autista) e circa 71.000 auto grigie, vetture a disposizione degli uffici locali per attività strettamente operative (controlli ambientali e manutentivi del territorio, visite ispettive, servizi delle amministrazioni) (Per la precisione, specifichiamo che i numeri britannici comprendono auto “blu-blu”, blu e grigie, ndr). […] Gli addetti sono 35 mila (di cui 14 mila autisti), la spesa per il personale è di 1,2 miliardi di euro all’anno. La spesa di gestione è di 350 milioni di euro che, sommando gli ammortamenti, diventa di 650 milioni».

Invece di esprimere commenti di vergogna o indignazione, ci limitiamo a ricordare un personaggio della nostra storia politica recente, Sandro Pertini, la cui sobrietà era inscindibile dal suo modo di essere uomo di Stato. Lui, che scelse di non abitare a Palazzo del Quirinale, e che quando Bettino Craxi, nel 1985, decise di alzare l’assegno spettante al presidente della Repubblica da 30 milioni di lire (fissati vent’anni prima) a 200 milioni, firmò la legge preparata da Giuliano Amato, ma decise di rinunciare ai 100 milioni che gli sarebbero spettati per gli ultimi sei mesi del mandato, considerandoli «una pietosa buonuscita». Lui, che gli abitanti del suo quartiere li incontrava spesso (e, ne siamo certi, costoro lo riconoscevano), perché quando si spostava da casa per andare “in ufficio” non era circondato da un esercito di gorilla, e non circolava in minacciose auto dai finestrini scuri.