All’Ostello dei Tasso, a Camerata Cornello (Bergamo), sono ospiti dall’inizio di luglio ventuno richiedenti asilo provenienti da varie parti dell’Africa. L’iniziativa è partita dal Comune, che ha trovato entusiasta la popolazione. No, un momento, il Comune ha imposto di ospitarli, ma poi ha cambiato idea. «Tramite lettera –ha dichiarato Maurizio Colleoni, della cooperativa che gestisce l’ostello- ci è stato chiesto di non ospitare più altri stranieri e, nel giro di pochi giorni, di trovare un’altra sistemazione per quelli già presenti». “Preoccupazione tra la popolazione” le parole usate nella mozione della minoranza al Consiglio comunale, che ha portato alla redazione della lettera cui fa riferimento Colleoni. A difendere il sindaco ci pensa il presidente della Provincia di Bergamo, che ammette: «Sarà spaventato. Qui non si sa dove si va a finire se non mettiamo uno stop». Uno stop alla solidarietà? All’accoglienza?
I ventuno ragazzi hanno conquistato una serie di cartellini rossi negli ultimi mesi della loro vita. Prima dai rispettivi Paesi di origine (Nigeria, Somalia, Ghana, Costa d’Avorio, Mali, Ciad, Togo), da cui sono dovuti fuggire per le condizioni di vita non più sostenibili (guerre, povertà, mancanza di lavoro). Allora si sono spostati al primo Nord disponibile, il Maghreb, e in particolare la Libia. Che era un posto tranquillo, in cui si poteva trovare un lavoro e delle paghe dignitose. Finché non è scoppiata la guerra, e a un certo punto qualcuno ha detto loro che avevano due possibilità: imbracciare il fucile e schierarsi da una delle due parti, oppure lasciare il Paese su una delle tante carrette che ogni giorno salpano stracolme di persone dalle coste africane, giungendo all’Europa drammaticamente alleggerite. La scelta, inutile dirlo, è caduta su questa seconda chance. Sbarco a Lampedusa, trasferimento in un centro di accoglienza di Milano, e poi finalmente la sistemazione nella Bergamasca. A immaginare il vagabondaggio compiuto da queste persone per rincorrere la speranza di una vita migliore, la preoccupazione è legittima. Ma non per la minaccia “aliena” dello straniero che prova a integrarsi nel tessuto sociale che lo riceve, bensì per lo stato di salute psico-fisica di chi ha affrontato un percorso a ostacoli che non sembra destinato ad appianarsi a breve.
Per Patrice Faye, 25 anni, nato in Costa d’Avorio ed ex muratore al soldo della Marina militare di Gheddafi, l’Europa è «la terra della democrazia e del rispetto delle leggi», e ora cerca un lavoro qui da noi: «Spero che mi diano un’occasione. Non si può non lavorare: l’uomo libero, indipendente, è un uomo che lavora». Ci auguriamo che le aspettative di Patrice non vadano deluse, anche questo ci desta preoccupazione. Chiudiamo con le parole del messaggio che da alcuni giorni accoglie chi visita il sito dell’ostello: «Nei prossimi giorni programmate un “giro in Valle Brembana”, e venite a pranzare, cenare, o alloggiare all’Ostello dei Tasso e magari trascorrete un po’ di tempo con i nostri ospiti migranti facendovi raccontare come si viveva da lavoratori neri in Libia, cosa succede quando passi il Mediterraneo su un barcone, cosa ti aspetta quando arrivi in Italia…». Ecco, proviamo a farci raccontare, invece di raccontarcela.