Qualche giorno fa l’Istat ha pubblicato il rapporto Noi Italia 2023. Si tratta di un resoconto annuale che mette insieme diverse statistiche sul nostro paese, e che permette di fare un quadro complessivo dei suoi principali aspetti, dall’istruzione all’industria, dall’agricoltura alla sanità. Proviamo a focalizzare lo sguardo proprio su quest’ultima.
Partiamo da un confronto con il contesto europeo. Innanzitutto, spicca il fatto che l’Italia è tra i paesi che spendono di meno per la sanità pubblica. «A parità di potere di acquisto, a fronte di 2.851 dollari per abitante spesi in Italia, nel 2020, Austria, Belgio, Danimarca, Francia, Irlanda, Lussemburgo e Svezia superano i 4.000 dollari, mentre la Germania, con i suoi 5.905 dollari per abitante, si conferma al primo posto per spesa pro capite, seguita dai Paesi Bassi che si attestano al di sopra dei 5.000 dollari di spesa per abitante». Su questo dato purtroppo mancano serie storiche nel report, quindi non è possibile stabilire come siano cambiate nel tempo, ma guardando ai dati Eurostat per il periodo 2012-2020 sembra che i rapporti tra paesi non siano cambiati sensibilmente, a fronte di un aumento della spesa complessiva piuttosto generalizzato.
Altro dato interessante è quello che compara la spesa sanitaria privata (costi sostenuti dai cittadini in maniera diretta o attraverso assicurazioni private) rispetto a quella complessiva. «Il confronto europeo evidenzia che, in Italia, nel 2021, la quota di spesa sanitaria privata sulla spesa sanitaria complessiva (pubblica e privata) è uguale al 24,4%. Il Paese in cui i contributi della spesa privata sono maggiori è il Portogallo (con il 36,0%); tutti gli altri Paesi dell’Ue presentano quote inferiori al 30% e i contributi minori si registrano per la Germania (14,0%)». Come si dice in maniera esplicita in altra parte del report, questo dato pone l’Italia «tra i primi Paesi dell’Ue nella graduatoria per contributo delle famiglie alla spesa sanitaria».
Un ulteriore elemento di confronto è quello della disponibilità di posti letto: «Nel 2020, l’Italia si colloca tra i Paesi dell’Ue con i livelli più bassi di posti letto per mille abitanti con un valore pari a 3,2, preceduta da Francia e Germania con, rispettivamente, 5,7 e 7,8 posti letto per mille abitanti».
Come per quasi tutto, l’Italia presenta grandi differenze territoriali, soprattutto tra Centro-nord e Centro-sud. Rispetto a una media nazionale di 2.050 euro per abitante nel 2020, a Nord si sono spesi 2.084 euro pro capite, mentre a Sud 1.984.
Considerando invece il dato che riguarda il contributo delle famiglie alla spesa sanitaria rispetto al totale della spesa, i numeri confermano come il Nord Italia stia abbracciando sempre di più un sistema misto, che prevede la pesante presenza di attori privati a integrazione del pubblico. Un modello che ha mostrato tutti i suoi limiti, soprattutto durante la pandemia, e che in generale lascia costringe molte persone a pagare di tasca propria per ottenere prestazioni altrimenti non disponibili sul territorio, o per evitare lunghe attese. «Considerando […] la distribuzione della spesa sanitaria tra le due componenti, pubblica e privata, il contributo delle famiglie alla spesa sanitaria totale è più basso nel Mezzogiorno (18,6%) che nel Centro-Nord, dove si attesta al 24,6%, con un picco del 26,4% nel Nord-Est. La maggiore partecipazione delle famiglie alla spesa sanitaria totale si registra in Friuli-Venezia Giulia (30,3%), Le incidenze più basse si rilevano, invece, per le Regioni del Mezzogiorno, in particolare, Campania e Sicilia (17,3% per entrambe)».
Uno degli effetti del divario tra Nord e Sud è la differente disponibilità di prestazioni tra regioni, che porta molti pazienti a doversi spostare, con relativi disagi e costi, che ricadono spesso anche su altri componenti della famiglia. «Nel 2021, con il recupero di parte dell’attività ospedaliera dopo lo shock pandemico, rispetto al 2020, anche l’emigrazione ospedaliera è in aumento in tutte le Regioni, eccetto la Provincia Autonoma di Trento, Lazio e Abruzzo, dove rimane ai livelli del 2020. L’indice di attrazione continua ad essere superiore a 1 in molte Regioni del Centro-Nord (per effetto di una mobilità attiva, maggiore di quella passiva), ma in diminuzione in Lombardia (da 2,7 nel 2019, a 2,0 nel 2020 e 2,1 nel 2021), per una immigrazione ospedaliera in decrescita, negli ultimi due anni».
(Foto di Marek Studzinski su Unsplash)
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