Molti infermieri stanno lasciando l’Italia attratti da migliori prospettive di carriera e retribuzioni più adeguate, le iscrizioni all’università sono in calo, 100 mila andranno in pensione nei prossimi cinque anni. L’analisi di Vanna Iori su Vita.it.

Oggi c’è una drammatica crisi all’interno del sistema sanitario che tocca anche le professioni infermieristiche, con un intero settore pubblico che rischia di collassare, mettendo a rischio l’assistenza di milioni di cittadini. Dobbiamo affrontare un tema ineludibile che riguarda la scarsa attrattività per i giovani della professione dell’infermiere, figura centrale del sistema di assistenza sanitaria del Paese. Purtroppo carichi di lavori insostenibili, stipendi non adeguati alle mansioni e assenza pressoché totale di progressioni di carriere stanno incidendo negativamente sul sistema di assistenza infermieristica. Tra pochi anni, se questo trend non dovesse essere invertito, lo Stato non sarà più in grado di garantire il diritto alla salute sancito dalla Costituzione.

La Federazione degli ordini esprime grande allarme su questa situazione. Negli ospedali mancano attualmente 65mila infermieri, molti stanno fuggendo nel privato o vanno all’estero attratti da migliori prospettive di carriera e retribuzioni più adeguate, nei prossimi anni ci sarà un raddoppio dei pensionamenti (da qui al 2029 andranno via quasi in 100mila) e si assiste a un calo significativo della domanda di iscrizione ai corsi di laurea. Infine cresce il numero di infermieri stranieri che operano sul nostro territorio pur non avendo l’iscrizione agli Ordini: in assenza di controlli adeguati si rischia di far gestire le fragilità a lavoratori che non hanno le competenze richieste, mettendo a rischio la sicurezza dei pazienti (qui ad esempio i dati relativi al calo di iscrizioni ai corsi di laurea, con un -10,5% di aspiranti infermieri rispetto all’anno accademico scorso, ndr).

È necessario che la “questione infermieristica” sia affrontata nella sua totalità: dalle retribuzioni ai percorsi formativi fino a nuovi modelli organizzativi. Le proposte delle associazioni di settore vanno in questa direzione.

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(Foto di Mat Napo su Unsplash)

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