L’inverno che ci siamo appena lasciati alle spalle ha rappresentato, come ogni anno, la stagione più dura da affrontare per le persone senza dimora. Secondo l’ultimo report di Fio.PSD, nel 2023 sono morte 415 persone senza dimora, 16 in più rispetto al 2022. 130 di questi decessi sono avvenuti proprio durante i mesi più freddi, quindi è molto probabile che altri ne siano seguiti all’inizio del 2024, ma su questo i dati non sono ancora disponibili.

Ma, come si può vedere nella dashboard pubblicata sul sito di Fio.PSD, il conteggio dei decessi prosegue più o meno costante per tutto l’anno.

Nonostante la concentrazione dei casi nei mesi più freddi, sono solo 15 i decessi per ipotermia, mentre la maggioranza di essi si deve a problemi di salute (per malori improvvisi o per l’aggravamento di situazioni già compromesse), oppure per eventi traumatici quali incidenti, aggressioni, cadute, annegamenti, incendi, suicidi. È quindi la marginalità il problema, non il freddo.

Nonostante gli sforzi delle associazioni di offrire assistenza alle persone in emergenza abitativa, i luoghi in cui più spesso avvengono i decessi sono la strada (26,7%), i corsi d’acqua (11,3%), le stazioni (8,7%), edifici dismessi (7%), con un 10,6% che invece avviene negli ospedali.

“Le città con il maggior numero di decessi sono Roma (44) e Milano (22) – scrive la federazione –, ma dati allarmanti provengono anche da Bergamo, Torino, Bologna, Brescia e Genova. Le morti in strada interessano soprattutto uomini (93%), persone di nazionalità straniera (58%), con un’età media di 47,3 anni”. La federazione fa peraltro notare come il fenomeno stia cambiando negli anni, espandendosi dalle grandi città ai comuni di medie dimensioni, finora poco interessati dal fenomeno.

Nel leggere questi dati, bisogna sempre interrogarsi sui fattori che determinano l’emergere di questo tipo di marginalità. Il fatto che circa 6 persone senza dimora su 10 siano straniere parla dell’incapacità dell’Italia e dell’Europa di elaborare politiche di gestione delle migrazioni e dell’accoglienza che precedono e in parte determinano la traiettoria di chi finisce in strada.

Inoltre, nonostante la dimensione del fenomeno sia difficile da misurare, i fondi a disposizione non mancherebbero, a patto che si adottino le strategie giuste. In particolare, una delle raccomandazioni di Fio.PSD è attuare il principio dello housing first, ossia far partire il processo di reinserimento della persona dalla casa, e non porre quest’ultima come ultimo passaggio alla fine di un lungo processo. “La casa è ciò che manca alle persone senza dimora, la base per una vita stabile e sicura dalla quale ripartire”, si legge nel report.

Paesi come la Finlandia, la Danimarca o l’Austria, gli unici in Europa che hanno visto diminuire il numero di persone senza dimora negli ultimi anni, sono partiti proprio dall’applicazione dello housing first, come spiega un video su ARTE. Peraltro gli investimenti in ristrutturazioni e nuove case fatti inizialmente sono stati ampiamente ripagati da una diminuzione dei costi per l’assistenza sociale. Gli altri paesi europei, Italia compresa, farebbero bene a seguire l’esempio. Attualmente si contano circa 895 mila persone senza dimora, ma la cifra reale è sicuramente più alta. L’obiettivo dell’Unione europea è eradicare il fenomeno entro il 2030.

L’altra raccomandazione di Fio.PSD è “di investire nella conoscenza delle persone senza dimora fintanto che sono in vita. Conoscere le storie, i profili, le cause e le traiettorie di povertà può avere un grande potere nel definire politiche e misure adeguati e coerenti alle reali problematiche evitando di scivolare in soluzioni standardizzate e obsolete”.

(Foto da freepik)

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