Settembre è ormai alle porte, e con esso la ripresa delle attività dopo la pausa estiva (per molti già un ricordo): uffici, scuole, università, aziende e negozi si apprestano a ricominciare una nuova stagione. Eventi che ciclicamente ritornano si uniscono alle novità che ogni nuovo inizio porta con sé. Cosa ci attende, da questo punto di vista, dal lato dell’informazione? Cosa non vorremmo (ri)trovare (ma probabilmente ci toccherà vedere) sulle pagine dei quotidiani e nei servizi dei tiggì nazionali?

Innanzitutto, purtroppo, tonnellate di articoli sulla possibilità, opportunità o pericolosità del disgregarsi dell’unione monetaria europea. Quali i rischi di un’uscita della Grecia dall’euro? E se anche l’Italia decidesse di tornare alla lira? L’ex presidente del Consiglio Romano Prodi, in carica negli anni decisivi per il passaggio all’euro, si pronunciò un anno fa in merito, esprimendo sostanzialmente due concetti: non esiste euro senza l’Italia e l’euro va salvato a ogni costo, perché è un pilastro per le economie di tutto il mondo. Durante l’anno trascorso da quelle dichiarazioni, non si contano gli interventi di giornalisti, politici, economisti e analisti sulla questione. Sono tornate di moda anche immagini postbelliche, tipo «l’euro perderà così tanto potere d’acquisto che andremo a fare la spesa con la carriola». Per ora non è ancora così, anche se una sensazione simile la si prova quando si va dal benzinaio. Un anno fa di questi tempi, il prezzo per un litro di carburante aveva superato, facendo scalpore, la soglia di 1,60 euro, oggi siamo a 2 euro.

Altro argomento che proprio non vorremmo vivesse una seconda (o forse terza o quarta) giovinezza è un eventuale decreto sulle intercettazioni telefoniche a scopo investigativo. Già durante il precedente governo si cercò in tutti i modi di combattere uno strumento d’inchiesta importantissimo, osteggiato da chi evidentemente ha qualcosa da nascondere. Non vogliamo entrare troppo nella questione di principio, ma è difficile non essere d’accordo sul fatto che una conversazione che contiene la confessione di un illecito ha un indubbio valore giudiziario, ed è quindi pericoloso mettere limiti ai magistrati. Per la diffusione di tali informazioni il discorso è diverso, ed è giusto che la pubblicazione delle trascrizioni sia fatta in tempi e modi che non interferiscano con l’iter processuale, e contestualizzando opportunamente le dichiarazioni raccolte.

Ci sembra che in questa fine di estate la questione stia tornando d’attualità, grazie al caso della trattativa Stato-mafia e dell’intercettazione del presidente Giorgio Napolitano raccolta durante quell’indagine. Ecco, non vorremmo che il governo in carica cogliesse la palla al balzo per inserire tra le norme di un’eventuale riforma della giustizia civile o penale (anch’essa molto gettonata al rientro dalle vacanze) per inserire un articoletto limitativo della discrezionalità dei giudici nell’utilizzo delle intercettazioni (che servono anche per combattere l’evasione fiscale, obiettivo della “guerra” attualmente in corso). A quel punto, come minimo, vogliamo la gente in piazza, e la riapertura dei post-it di Repubblica sulla libertà d’informazione, scomparsi da mesi dalle pagine del giornale.

Altri argomenti possiamo prevedere nell’inesorabile ritorno dell’uguale che ci attende: la cancellazione di alcune province, o meglio il loro “riordino”, l’uscita o meno della Grecia dall’Unione europea, i tagli ai costi della politica, le liberalizzazioni (inesorabilmente annacquate dalle pressioni delle lobby). Insomma, mentre valutiamo se bocciare o no il governo dei professori, siamo condannati a ripetere l’anno.