Con lo scoppio della crisi finanziaria che dal 2007 a oggi si è trasformata in una delle congiunture economiche globali più difficili di sempre, ci si aspettava che la politica prendesse in mano la situazione e mettesse in campo provvedimenti per evitare il ripetersi di comportamenti speculativi dagli effetti potenzialmente disastrosi. Ma lo scandalo che sta riguardando le manipolazioni sul Libor (il tasso a cui si scambiano denaro le banche britanniche, utilizzato, proprio come l’Euribor per la zona Euro, come riferimento per la concessione di mutui e prestiti a cittadini e imprenditori) ci restituisce una realtà diversa.

Barclay’s, colosso del credito britannico, ha infatti ammesso di aver falsificato i meccanismi di determinazione del Libor tra il 2005 e il 2009, per poter agevolare le proprie scommesse speculative. L’indagine si sta estendendo ad altre banche, ovviamente, perché l’individuazione del tasso è basata sui dati forniti da più istituti. Intanto, mentre collabora all’incriminazione delle concorrenti, Barclay’s ha versato 290 milioni di sterline (450 milioni di euro) come multa per il proprio comportamento.

Tale fenomeno speculativo è stato reso possibile, probabilmente, dalla convinzione delle banche di poter agire impunemente all’interno dei mercati finanziari, incuranti dei rischi e degli svantaggi che i loro comportamenti determinavano nelle vite delle persone che chiedevano soldi in prestito e che, a causa di tali operazioni, si sono trovate magari a dover cambiare stile di vita, affrontare difficoltà non previste, mentre le banche incrementavano i propri profitti.

La riforma cui facevamo riferimento in apertura avrebbe dovuto interessare molti aspetti del funzionamento del meccanismo economico-finanziario, dall’aumento dei livelli di mezzi propri degli istituti di credito -come suggerisce il sito di promozione della finanza solidale finansol.it-, alla separazione netta tra banca al servizio del mondo produttivo e banca speculativa, alla riduzione delle dimensioni degli istituti più grandi, al blocco dei paradisi fiscali, alla profonda riforma del sistema dei derivati a quella delle agenzie di rating. Ma con i provvedimenti messi in campo o programmati in questi ultimi anni con grande fatica, in particolare con il Dodd-Frank Act negli Stati Uniti, con quanto previsto nel Vickers Report britannico, con il nuovo schema di Basilea3 in tema di capitalizzazione e liquidità delle banche, e con le riforme portate avanti a livello di Unione Europea, non si è andati molto avanti. I provvedimenti citati appaiono, in generale, tardivi, deboli, incompleti e comunque con grandi difficoltà di applicazione.

Tra le cose che la crisi ha fatto meglio comprendere all’opinione pubblica -elenca ancora finansol.it– ci sono da ricordare, da una parte, la constatazione dei grandi condizionamenti che il mondo finanziario è in grado di esercitare su di una classe politica in genere debole e incompetente; dall’altra, parallelamente, la dimostrazione che mentre i governi sono pronti a svenarsi per salvare il sistema bancario -solo in Europa siamo vicini ormai ai 5mila miliardi di euro mobilitati in questi ultimi anni per tenere in piedi il sistema-, essi non trovano invece mai i soldi per sostenere un sistema di welfare ormai in profonda crisi, né, più semplicemente, per soccorrere in qualche modo gli strati più bisognosi della popolazione.

Un’ultima riflessione su tale ragionamento la offre un articolo del blog di giornalismo investigativo Counterpunch (traduzione di Domenico D’Amico), riferito alla realtà statunitense, ma esportabile anche al caso europeo: «Nessuno viene chiamato a rendere conto di questa foia pazzesca per il profitto a breve termine, anche se illusorio, di cui fa le spese il benessere economico a lungo termine. I responsabili ricevono riparo dalla devastazione che seminano grazie alla prodiga formula del “troppo grande per fallire” e i soldi dei contribuenti. Niente di cui sorprendersi, visto che questi truffatori possiedono sia il partito Democratico sia quello Repubblicano. Non c’è migliore prova di questa: dopo essere state salvati, i bankster (neologismo costruito dall’unione di banker –banchiere- e gangster) proseguono con la loro orgia speculativa e i loro scandali, mentre i lavoratori continuano a subire gli effetti della Grande Depressione. Se i partiti statunitensi fossero anche solo in minima parte indipendenti dall’élite finanziaria, avrebbero fatto mettere in galera i responsabili della crisi economica, confiscato i loro patrimoni, alzato di netto le tasse sui ricchi, e utilizzato queste nuove entrate per creare occupazione, un’istruzione pienamente pubblica, assistenza sanitaria per tutti, e la ricostruzione delle nostre infrastrutture in sfacelo».