Il tempismo con cui sono stati diffusi i dati Istat sulla povertà ci porta a ribadire quanto dicevamo ieri sull’urgenza di dare un governo al Paese e dare seguito ad alcune riforme di cui c’è urgente bisogno. In tema di povertà, il governo dimissionario aveva presentato un disegno di legge delega l’estate scorsa. Il testo, che pure aveva generato forti perplessità in merito all’ammontare dei fondi previsti, era stato comunque apprezzato perché apriva una via istituzionale per cercare di trovare una soluzione articolata al problema.

I dati sulle condizioni di vita e reddito in Italia pubblicati dall’Istat parlano di una situazione sostanzialmente stabile, ma questo non deve rallegrarci, perché il quadro è molto cambiato dall’inizio della crisi, quindi non sono tempi in cui possiamo accontentarci di uno scampato peggioramento. «Nel 2015 si stima che il 28,7% delle persone residenti in Italia sia a rischio di povertà o esclusione sociale – scrive l’Istat – ovvero, secondo la definizione adottata nell’ambito della Strategia Europa 2020, si trovano almeno in una delle seguenti condizioni: rischio di povertà, grave deprivazione materiale, bassa intensità di lavoro. La quota è sostanzialmente stabile rispetto al 2014 (era al 28,3%) a sintesi di un aumento degli individui a rischio di povertà (dal 19,4% a 19,9%) e del calo di quelli che vivono in famiglie a bassa intensità lavorativa (da 12,1% a 11,7%); resta invece invariata stima di chi vive in famiglie gravemente deprivate (11,5%)».

Sono dati che hanno un peso importante anche per le politiche comunitarie, perché sulla base di essi l’Ue calcola gli indicatori su cui si fissano gli obiettivi di politica economico-sociale perseguiti dalla Strategia Europa 2020, «che si propone di ridurre di 20 milioni gli individui esposti al rischio di povertà o esclusione sociale a livello Ue entro il 2020. Tradotto per il nostro Paese l’obiettivo è di far uscire 2,2 milioni di persone da tale condizione rispetto al valore registrato nel 2008 (ultimo dato disponibile quando l’impianto strategico Europa 2020 fu impostato). In Italia, nel 2008, risultavano a rischio di povertà o esclusione sociale 15.082.000 individui (25,5% della popolazione residente) da ridurre quindi a 12.882.000 unità entro il 2020. Nel 2015 gli obiettivi prefissati sono ancora lontani: la popolazione esposta a rischio di povertà o esclusione sociale è infatti superiore di 4.587.000 unità rispetto al target previsto».

In merito alla composizione del dato sulla povertà, tra gli altri elementi che allarmano c’è l’ampliamento della forbice che separa le fasce più povere da quelle più ricche: «Dal 2009 al 2014 il reddito in termini reali cala più per le famiglie appartenenti al 20% più povero, ampliando la distanza dalle famiglie più ricche il cui reddito passa da 4,6 a 4,9 volte quello delle più povere». Inoltre, i più penalizzati dalla congiuntura attuale risultato essere proprio i giovani che provano a staccarsi dalla famiglia d’appartenenza e generare un nuovo nucleo familiare: «Sono in povertà assoluta il 10,2% delle famiglie con un capofamiglia under34, contro il 4% di quelle che hanno per capofamiglia un over65», ha scritto Sara De Carli su Vita, citando delle memorie depositate dal presidente Istat Giorgio Alleva al Senato. «Il cambiamento più evidente ha riguardato la crescente vulnerabilità dei minori, legata alle difficoltà dei giovani adulti, anche al Centro-Nord, nel sostenere il peso economico della prima fase del ciclo di vita familiare, a seguito della scarsa e precaria domanda di lavoro», ha detto lo stesso Alleva.

La legge di bilancio depositata alla Camera (che dovrebbe essere votata oggi al Senato, secondo quanto deciso ieri dalla conferenza dei capigruppo) contiene, secondo Redattore sociale, «uno stanziamento del Fondo pari complessivamente a circa 1,2 miliardi nel 2017 e 1,7 miliardi nel 2018. Non sono arrivati, nei fatti, gli aumenti che aveva chiesto a gran voce l’Alleanza contro la povertà, ma è stato previsto l’accorpamento nel Fondo per il contrasto alla povertà degli stanziamenti finora previsti per l’Asdi, l’assegno di disoccupazione». È dunque sempre più evidente che il “ddl povertà” è una misura necessaria per arrivare a un vero e proprio Piano nazionale di contrasto alla povertà assoluta. Ma che fine farà ora che la situazione politica è precipitata?

Fonte foto: flickr