A livello nazionale non esiste né una strategia né delle linee guida: il vuoto viene riempito da qualche raro progetto regionale, ma soprattutto da associazioni come Telefono Amico. Ne scrive il Post.

Matteo Airaghi ha quarantasei anni, e da diciotto passa varie ore alla settimana a parlare al telefono con persone che non conosce. È uno dei circa seicento volontari che lavorano nei 21 centri territoriali di Telefono Amico Italia, una delle principali associazioni che dagli anni Sessanta del secolo scorso offrono a chiunque la possibilità di chiamare un numero telefonico per parlare con una persona del proprio stato emotivo. Molti chiamano perché hanno un problema e non sanno con chi confrontarsi, altri per alleviare la solitudine quando diventa troppo opprimente. Negli ultimi anni, però, sempre più persone telefonano perché stanno pensando al suicidio e hanno paura di farsi del male.

Secondo i dati dell’Istituto superiore di sanità, in Italia ogni anno si suicidano circa 4mila persone. Naturalmente ogni caso è unico: dietro alla scelta ci possono essere profonde difficoltà interpersonali, contesti di esclusione, marginalizzazione e isolamento sociale, problemi economici, situazioni di forte disagio psicologico o di malattia mentale, fattori genetici e biologici, la sensazione di essere un peso per le persone attorno a sé, di essere troppo alienati dagli altri, di non avere alternative alla propria situazione difficilissima.

Negli ultimi decenni sono stati pubblicati diversi studi e linee guida che indicano le politiche che uno stato può intraprendere per alleviare queste situazioni di disagio e prevenire quindi molti di questi suicidi. Il Centers for Disease Control statunitense, per esempio, consiglia alle amministrazioni statali di lavorare al contempo a favore della stabilità economica della popolazione (rendendo per esempio più difficile trovarsi senza casa o senza alcun tipo di introito in caso di licenziamento), di ridurre l’accesso a strumenti potenzialmente mortali come le armi, di rendere più facile e abbordabile l’accesso a strutture di cura psicologica o psichiatrica, e di istruire in modo capillare le figure che potrebbero trovarsi a contatto con una persona in difficoltà (medici, infermieri, poliziotti, pompieri) in modo che sappiano rispondere adeguatamente e con sensibilità a una crisi quando se la trovano davanti.

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(Foto di Haroon Niaz su Unsplash)

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