«Anche in occasione di questo Primo Maggio, ho voluto rendere omaggio ai caduti sul lavoro, deponendo una corona sul Monumento loro dedicato. I dati che si riferiscono al 2012 mostrano una flessione delle morti sul lavoro. Ma questo relativo miglioramento non deve farci abbassare la guardia, deve anzi spronarci a proteggere al massimo la salute, l’integrità, la vita dei lavoratori. Mi addolora che la Festa del Primo Maggio presenti oggi l’amaro segno delle pesanti condizioni economiche e delle incerte prospettive del nostro Paese. Proprio perciò voglio rivolgere agli italiani tutti l’invito ad assumere con fiducia la causa comune: costruire insieme un futuro migliore». Il messaggio diffuso dal Presidente Giorgio Napolitano in occasione della festa dei lavoratori è ben calibrato sulla situazione attuale del contesto italiano e sulle sue difficoltà. Colpisce però il fatto che nel testo non compaia mai la parola “sicurezza”, che dovrebbe essere la prima condizione da garantire. È una parola che, riferita al lavoro, può essere intesa in molti modi diversi. Il tragico episodio del porto di Genova ci riporta immediatamente al senso più immediato, ossia quello della garanzia di operare con attrezzature, procedure e professionalità adeguate. Nel caso specifico è ancora tutto da verificare, ma in generale le morti (e gli infortuni) sul lavoro sono sempre troppe, soprattutto in quanto per la maggior parte evitabili.
I dati citati dal Presidente si riferiscono alle ultime tabelle Inail, che in effetti documentano una leggera flessione del fenomeno. In parte il fatto è dovuto all’aumento della disoccupazione, che purtroppo ha privato del lavoro molte persone. Ma di sicuro dalle cifre resta fuori il lavoro nero, che non rientra in nessuna statistica ma muove enormi quantità di persone e denaro. Alle tante persone (di cui molti stranieri) coinvolte nel fenomeno non arriveranno mai le informazioni che invece passano nelle aziende che fanno attività di formazione sulla sicurezza. Inoltre da tali corsi restano esclusi professionisti che fanno altri tipi di lavoro, come gli agricoltori, o chi lavora in microaziende di edilizia. Secondo l’Osservatorio indipendente di Bologna morti sul lavoro, «Dall’inizio dell’anno sono documentati 166 lavoratori morti per infortuni sui luoghi di lavoro. Il 33,3 per cento sono morti in edilizia, il 31 per cento in agricoltura dei quali la maggioranza schiacciati dal trattore che guidano, il 17,5 per cento nei servizi, il 6,5 per cento nell’autotrasporto, il 5,5 per cento nell’industria (compresa la piccola industria e l’artigianato). Se si aggiungono i morti sulle strade e in itinere si superano le 300 vittime (stima minima)». Un fenomeno decisamente preoccupante e connaturato al lavoro nel nostro Paese, sul quale ci auguriamo che il governo appena nominato abbia riflettuto nel chiuso del ritiro in cui si è confinato, in attesa di scendere nell’agone politico e fare fronte ai problemi del Paese.