Dopo tre anni di incontri, critiche e manifestazioni di protesta (e pochissime informazioni diffuse), sembra che alcuni rappresentanti di governi europei stiano mollando il Ttip (Trattato transatlantico sul commercio e gli investimenti). Il primo a fare una dichiarazione piuttosto perentoria è stato, il 28 agosto, il ministro dell’Economia e vice cancelliere della Germania, Sigmar Gabriel, che ha detto che i negoziati tra l’Unione europea e gli Stati Uniti, sono «di fatto falliti, anche se nessuno lo ammette». Il sottosegretario francese al Commercio internazionale, Matthias Fekl, gli è andato dietro un paio di giorni dopo, dichiarando ai microfoni di Rmc che la Francia intende chiedere lo stop delle trattative sul Ttip.

Le motivazioni da parte di Gabriel e Fekl sono simili, e sono relative sostanzialmente al fatto che la trattativa si starebbe svolgendo a senso unico, con gli Usa che chiedono all’Ue di accettare le proposte così come sono, impedendo quindi che la definizione dell’accordo per la creazione della più grande area di libero scambio del mondo possa fare passi avanti. Al di là della posizione che ognuno può avere sul Ttip (e in molti sono preoccupati dalle conseguenze che potrebbe avere sull’economia e sull’occupazione in Europa), le dichiarazioni mettono in mostra tutta la fragilità dei meccanismi decisionali dell’Ue, e lo scarso rispetto che di questi hanno alcuni politici europei. La gestione del Ttip è infatti totalmente delegata alla Direzione generale commercio della Commissione europea, che ha ricevuto il mandato da parte di tutti gli Stati membri. Nessuno di questi ha finora ritirato il mandato, dunque ufficialmente non è cambiato nulla e gli incontri proseguiranno.

Le dichiarazioni di due importanti esponenti del mondo politico europeo costituiscono però una pesante delegittimazione della Commissione, che ora si troverà in una posizione di ulteriore difficoltà nel gestire la trattativa. C’è anche da dire che la situazione politica degli Stati Uniti gioca tutta a sfavore del raggiungimento dell’accordo, visto che il Presidente Barack Obama è alla fine del suo mandato ed entrambi i candidati alla presidenza che si sfideranno il prossimo 8 novembre hanno dichiarato di essere contrari all’accordo (Hillary Clinton in realtà era favorevole durante il suo incarico come Segretario di Stato, ma poi ha ritrattato, probabilmente per andare incontro all’orientamento dei sostenitori del suo sfidante interno, Bernie Sanders).

In Italia, il panorama di opinioni è piuttosto frastagliato, ma dal governo arrivano dichiarazioni di chiaro supporto al Ttip, in particolare in un’intervista fatta al ministro allo Sviluppo economico Carlo Calenda dal Corriere: «La discussione spesso si è concentrata su falsi miti e temi che non sono neppure previsti dal negoziato, come ad esempio gli Ogm oppure i servizi pubblici, la cultura o i diritti. Ci sono poi ancora molti preconcetti sul livello degli standard americani. Sull’automotive gli Stati Uniti hanno standard più elevanti dei nostri, mentre sulla chimica quelli europei sono più elevati ed è stato chiarito che una convergenza è possibile solo al rialzo». Calenda esprime perplessità anche sui meccanismi decisionali dell’Unione: «Pensare di gestire così l’agenda commerciale della Ue è folle: si intavolano 28 negoziati paralleli si finisce per non chiudere nulla». C’è chi fa notare che anche la mancata conclusione dell’accordo potrebbe avere i suoi effetti negativi, visto che gli Stati Uniti hanno già siglato un documento simile con l’area del Pacifico, denominato Tpp (Trans Pacific Partnership): «Il rischio è che l’Ue venga marginalizzata negli scambi commerciali con gli Stati Uniti – scrive l’economista Mariasole Lisciandro su Lavoce.info –. Si parla di perdere peso nel commercio con il primo destinatario delle merci europee (gli Stati Uniti assorbono un quinto delle esportazioni europee). E, per giunta, con un partner il cui tessuto produttivo risulta simile a quello europeo, condizione favorevole per lo sviluppo del commercio intra-industriale. Il testimone potrebbe involontariamente passare ai partner asiatici, che grazie al Tpp godranno di facilitazioni commerciali negli scambi con gli Usa».

Comunque la si giri, questa trattativa sembra mostrare più incertezze che potenzialità per il futuro dell’Europa. Per come stanno le cose, sembra altamente improbabile che il Ttip sia firmato nei tempi previsti. Probabilmente si andrà per le lunghe, cambieranno le persone sedute al tavolo della trattativa, e resta dunque molto difficile prevedere quale sarà l’aspetto del documento finale.

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