Negli ultimi anni è aumentato, un po’ in tutto il mondo, il consumo di farmaci che aiutano a dormire. La pandemia ha giocato un ruolo importante nel generare sensazioni prolungate di ansia e incertezza, con un impatto negativo sulla qualità del sonno di molte persone.
In una revisione sistematica del 2021, si legge sul New York Times, i ricercatori hanno rilevato che il 36 per cento delle persone in 13 diversi paesi hanno avuto problemi di sonno durante la pandemia e, secondo un rapporto del 2021 dell’American Psychological Association, il 32 per cento degli adulti statunitensi ha riportato cambiamenti nelle abitudini del sonno a causa dello stress della pandemia.
Per quanto riguarda l’Italia, il consumo di farmaci ansiolitici legati anche alla cura dell’insonnia inizia molto prima della pandemia. Come si legge nel rapporto OsMed 2020 dell’Agenzia italiana del farmaco (Aifa), «Negli ultimi anni si è assistito in Italia, come in molti altri Paesi, ad un crescente utilizzo di farmaci sedativo-ipnotici e ansiolitici, soprattutto di tipo benzodiazepinico, che ha stimolato un forte dibattito in merito a un uso più razionale. Il Rapporto OsMed del 2019 ha messo in luce come le benzodiazepine, così come gli ipnotici non benzodiazepinici, siano tra i farmaci di classe C maggiormente acquistati dai cittadini e come siano caratterizzati da un’eterogeneità nei consumi a livello regionale. L’incremento nell’utilizzo è dovuto ad una serie di cause di varia natura, tra cui l’aumento delle patologie legate allo stress, l’abitudine e la convinzione di risolvere la problematica ricorrendo al trattamento con queste sostanze, ma anche ad un limitato controllo e ad un approfondimento non sempre adeguato della condizione del paziente da parte dei prescrittori». Il grafico seguente mostra le dosi definite giornaliere (DDD, dall’inglese defined daily dose) di benzodiazepine. È evidente che l’aumento nella prescrizione di questo tipo di farmaci è iniziato già 6-7 anni fa.
Melatonina
Come avrete notato, negli ultimi mesi si sono fatte molto più presenti le pubblicità di un principio attivo, la melatonina, legato alla gestione del sonno. Si tratta in realtà di un rimedio su cui ancora non ci sono prove scientifiche solide circa la sua efficacia, nonostante sia ampiamente usato sia come auto-medicamento sia su prescrizione.
Per capire se e come può essere efficace la melatonina nella gestione del sonno, bisogna prima capirne il funzionamento. In estrema sintesi, la melatonina è un ormone che viene secreto dalla ghiandola pineale del cervello nelle ore serali. Essa funge da meccanismo di segnalazione per il cervello, avvertendolo che è tempo di dormire.
A seconda di quando viene ingerita, si legge in un articolo del Washington Post, quantità anche piccole possono alterare i tempi degli orologi interni delle persone.
Ma proprio per il suo ruolo nell’organismo, assumerla appena prima di addormentarsi non ha l’effetto immediato che molti si aspettano. Anche se alcune ricerche hanno rilevato che l’assunzione di melatonina può ridurre leggermente il tempo necessario ad alcune persone per addormentarsi, non è una sostanza che porta effetti immediati.
Bisogna poi considerare l’effetto placebo, ha fatto notare il neurologo Mark Wu. Se le persone «credono che la melatonina le aiuti ad addormentarsi, si rilassano e si calmano, si sentono più in pace e quindi si addormentano più facilmente. Ma si potrebbe ottenere lo stesso risultato con una pillola di zucchero».
Nonostante questo, alcuni esperti prescrivono la melatonina per aiutare l’insonnia. Per esempio viene usata per alcune persone che hanno problemi di dipendenze, perché ha un potenziale di abuso molto basso e pochi effetti collaterali conosciuti.
«Il modo migliore per usare la melatonina è prenderla alla stessa ora ogni giorno», secondo Christine Won del Centro per la medicina del sonno di Yale. «Deve diventare l’ingranaggio principale del proprio orologio biologico. Se la si prende in momenti diversi della giornata può invece confondere i cicli circadiani e quindi ridurre la capacità di prendere sonno».
La melatonina e altri aiuti per il sonno sono spesso raccomandati insieme a cambiamenti di comportamento. Ci sono anche cure che non prevedono l’uso di farmaci che potrebbero essere efficaci in molti casi. La psicoterapia cognitivo-comportamentale, per esempio, è considerata il trattamento più efficace per l’insonnia cronica. Anche piccoli cambiamenti nello stile di vita possono aiutare: andare a letto alla stessa ora ogni sera, mettere via i dispositivi elettronici qualche ora prima di andare a letto, non guardare l’orologio se ci si sveglia durante la notte.
(Foto di David Clode su Unsplash)
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