Il negazionismo riguardo alle cause umane del riscaldamento globale ha un nuovo alleato di tutto rispetto: il futuro presidente degli Stati Uniti. Donald Trump ha definito nel 2012 il cambiamento climatico uno scherzo «creato da e per i cinesi con lo scopo di rendere poco competitivo il settore manifatturiero statunitense». All’epoca probabilmente nessuno ha dato molto peso a questa sua dichiarazione. Ora le cose sono cambiate, visto che a breve egli potrà decidere, per esempio, di fare uscire gli Stati Uniti dall’accordo firmato a Parigi durante il meeting Cop21 sulle emissioni di gas serra. E in effetti ha promesso di farlo nei suoi primi “cento giorni” di governo. Non solo, secondo quanto riporta Gwynne Dyer su Internazionale: «“Bloccherà tutti i pagamenti fatti con soldi dei contribuenti americani ai programmi sul riscaldamento globale delle Nazioni Unite”. Rescinderà inoltre le azioni esecutive che il presidente Obama ha intrapreso per limitare le emissioni statunitensi di anidride carbonica, soprattutto nel settore dell’elettricità (questi provvedimenti in effetti avrebbero condotto alla chiusura di quasi tutte le centrali a carbone degli Stati Uniti)».
Trump sostiene di voler dare un taglio alle politiche che in questi anni hanno penalizzato il settore del carbone, omettendo però di dire che la crisi di quest’ultimo non è dovuta principalmente alle scelte politiche di Obama, bensì al fatto che altre fonti di energia (su tutte il gas naturale) sono nel tempo diventate più convenienti. Quindi, per quanto si possa sforzare Trump, non ci sarà in futuro una “ripresa” del carbone. Tutt’al più se ne potrà ritardare la fine.
Per quanto riguarda l’accordo sul riscaldamento globale, anche qui Trump semplifica molto la faccenda, visto che non è previsto che uno Stato possa sfilarsi immediatamente dal rispetto delle clausole. «Science spiega che i termini dell’accordo di Parigi non permettono che un paese che lo abbia ratificato possa ritirarsi con effetto immediato – scrive il Post –: al massimo lo può fare nel 2020, quindi verso la fine del mandato di Trump. Tuttavia gli Stati Uniti potrebbero fare un’altra cosa che di fatto non li costringerebbe a rispettare il trattato, cioè lasciare la Convenzione quadro delle Nazioni Unite sui cambiamenti climatici (Unfccc), l’organo che organizza le conferenze internazionali sul clima e comprende quasi tutti i paesi del mondo. Per farlo è necessario avvisare il segretario generale delle Nazioni Unite: dopo un anno il ritiro diventerebbe effettivo e in quel modo l’accordo sul clima di Parigi non coinvolgerebbe più gli Stati Uniti. Secondo il New York Times, Trump potrebbe anche non rispettare i termini dell’accordo e basta, fregandosene del fatto che gli Stati Uniti lo abbiano ratificato». Un’ipotesi, quest’ultima, non così improbabile.
Tra le prime nomine di Trump c’è stata quella di Myron Ebell a capo dell’Agenzia per la protezione dell’ambiente. Ebell è notoriamente un “negazionista” del riscaldamento globale, e la sua missione è annientare l’agenzia della quale è diventato direttore. Per i sostenitori di Hillary Clinton bisogna ricordare che, nonostante le sue dichiarazioni fossero decisamente più progressiste in tema di ambiente, durante la sua campagna elettorale ha ricevuto parecchie donazioni da parte delle cosiddette “lobby del carbone”, dunque non è detto che alla prova dei fatti avrebbe rispettato gli impegni presi.
Al di là delle ipotesi, bisogna ricordare che gli Stati Uniti, essendo una delle economie più grandi del mondo, sono anche tra i maggiori produttori di gas serra. Dunque se un gigante del genere decide di non rispettare l’accordo di Parigi le conseguenze per l’ambiente saranno concrete. C’è il rischio, inoltre, che altri grandi Paesi, in concorrenza con gli Usa sul mercato globale, si facciano influenzare nelle proprie decisioni, tornando anch’essi si propri passi. Diversi studi hanno stabilito che un aumento eccessivo della temperatura mondiale avrebbe effetti irreversibili sull’ecosistema della Terra, e agire senza tenere conto di questo è da irresponsabili, oltre che demagogico.
Manco a dirlo, i dati raccolti sulla prima parte del 2016 portano a pensare che quest’anno supererà il record (del 2015) come anno più caldo mai registrato. Ma va bene, come dice una battuta celebre del regista Nanni Moretti, «continuiamo così, facciamoci del male».
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