Tra i vari dibattiti che si riaprono ciclicamente in Italia c’è quello sulla legittima difesa. Quando, a seguito di una violazione di proprietà privata in cui si arriva allo scontro a fuoco, a rimetterci è il potenziale ladro, spesso l’opinione pubblica si divide. C’è chi ritiene che, una volta varcata la soglia dell’abitazione o del negozio, chi sta all’interno abbia tutto il diritto di sparare per primo per difendere se stesso, eventuali altre persone e la sua proprietà. Altri ritengono che la difesa sia da considerare legittima solo quando in pericolo c’è l’incolumità fisica, non per difendere beni materiali. C’è poi (o meglio: innanzitutto) l’articolo 52 del codice penale, che parla di difesa proporzionale all’offesa, e anche di difesa di beni materiali, ma solo «quando non vi è desistenza e vi è pericolo d’aggressione». C’è infine un partito, la Lega Nord, che da tempo cavalca temi come questo, spesso definiti “populisti”, per proporre soluzioni e modifiche alla normativa e dimostrarsi così “al fianco dei cittadini”. Addirittura è stato annunciato un evento di piazza il 25 aprile (interessante la scelta della data) a Verona per chiedere che il Parlamento torni a occuparsi della “legge sulla legittima difesa” che, a detta di Matteo Salvini, è «ferma da quattro anni».

Come sempre mettiamo il nostro disclaimer per ribadire la natura apolitica e apartitica di Avis, dunque non ce ne vogliano eventuali lettori vicini alla Lega Nord. Ci sentiamo però in dovere di osservare come questa iniziativa abbia solo l’apparenza di una maggiore vicinanza con i cittadini, e abbia invece poco a che fare con l’effettivo (e forse necessario) intervento sulla normativa relativa alla legittima difesa.

Come ha ricostruito il Post, i casi di cronaca più recenti in cui si è tornati a parlare dell’argomento sono finiti tutti con un riconoscimento della legittima difesa per l’aggredito-omicida, talvolta ancora prima di arrivare al processo vero e proprio. I casi Stacchio, Corazzo e Sicignano, dopo ore di telegiornali e talk show, sono tutti finiti con l’archiviazione. Il caso Birolo è andato invece diversamente, con una sentenza di primo grado che sanciva la colpevolezza dell’imputato, e una d’appello che ne ha determinato l’assoluzione. In sintesi, il giudice del primo processo riteneva che Birolo avesse sparato all’aggressore mentre questi si stava già allontanando dalla sua abitazione, dunque per difendere la refurtiva. Il giudice dell’appello ha valutato diversamente, ma ancora non sono state pubblicate le motivazioni della sentenza.

In quest’ultimo caso, la proposta di modifica all’articolo 52 del codice penale presentata dalla Lega Nord nel 2015 non avrebbe avuto alcun effetto: «Si presume, altresì, che abbia agito per difesa legittima colui che compie un atto per respingere l’ingresso, mediante effrazione o contro la volontà del proprietario, con violenza o minaccia di uso di armi da parte di persona travisata o di più persone riunite, in un’abitazione privata, o in ogni altro luogo ove sia esercitata un’attività commerciale, professionale o imprenditoriale». Si parla anche qui di «respingere l’ingresso», non di impedire la fuga (sentirsi minacciati con il ladro di spalle è difficile da dimostrare). Quindi in sostanza la modifica chiesta dal partito di Salvini si limiterebbe ad ampliare leggermente i contorni della legittima difesa, non certo a rendere più chiare le situazioni più controverse.

L’illusione che si vuole dare alle persone è che la politica sia in grado di emanare una norma che con una riga cancelli tutte le necessarie verifiche che accertino l’effettiva dinamica dei fatti. Se viene sparato un colpo e qualcuno viene ferito a morte è normale e giusto che si verifichi se chi ha sparato lo ha fatto legittimamente. Il problema semmai è che dall’omicidio alla sentenza (o all’archiviazione) possano passare mesi o anni.

La lunghezza dei processi, grave problema italiano, è sì un tema su cui sarebbe bene intervenire. Restare anni in attesa che sia stabilita la propria innocenza è una forma di tortura anche per l’imputato più convinto della propria innocenza. Ma questo richiede un impegno che va oltre gli eventi di piazza, le semplificazioni, le finte soluzioni-lampo. È un dato ormai strutturale, su cui ci è necessario agire con un progetto politico articolato. E purtroppo non c’è dubbio che tutti i governi e le legislature degli ultimi decenni abbiano fallito nel cercare di arginare e risolvere questo problema.

Fonte foto: flickr

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