di Stefano Morelli
La pubblicità è l’anima del commercio, ebbe a dire Henry Ford, padre del colosso automobilistico americano. Eravamo agli albori del Novecento e di tempo ne è passato. Tanto che da quell’assioma, si è passati a un concetto molto differente del potere pedagogico della pubblicità. I pubblicitari, ormai, sono lo specchio del Paese. E con loro, la pubblicità. L’altro giorno, per l’ennesima volta, ho sentito alla radio una reclame di un’assicurazione per automobili dove era chiaro il messaggio stereotipato nell’Italia della Mafia, della ‘ndrangheta, della Sacra Corona Unita, della Camorra: dialetto meridionale raffazzonato, slang da ignoranza da strada, subdoli richiami ai tipici “pizzo” e “strozzo”. Uno dice: bèh, se serve a far vendere più polizze assicurative a quella particolare assicurazione, che problema c’è? Nessuno, va da se.
La cosa curiosa è che negli ultimi cinque/sette anni i format mafia-style (così li chiamano sul web) sono decuplicati. Delle due, l’una: o i pubblicitari non sanno più cosa inventarsi per vendere i prodotti (la crisi c’è, anche per la pubblicità) oppure è in atto una strategia bella e buona: far entrare sempre più i concetti antropologici dell’essere mafioso nella quotidianità del nostro ordinario vivere la giornata. Anche attraverso la pubblicità. Sono decine i prodotti che hanno utilizzato (e ancora utilizzano) concetti mafia-style per commercializzare se stessi. Ma non solo: se un colosso dell’industria mondiale si sente libero di riprendere concetti mafiosi per conquistare ulteriori fette di mercato (come se non ne avesse già abbastanza) allora non possiamo certo meravigliarci se anche le amministrazioni comunali si sono adeguate. Nonostante il messaggio provenga da un illustre artista. Nonostante il messaggio sia stato immediatamente criticato da un’associazione che i lettori di questo blog conosceranno sicuramente, Libera, di don Ciotti. Nonostante tutto, la mafiosità della pubblicità vive e gozzoviglia insieme a noi. Come al solito: così, giusto per saperlo. Mica che poi ci meravigliamo e toh, siamo diventati tutti mafiosi. Piano piano, ce la facciamo (o meglio, ce la fanno). Non dubitate. O reagite.