Il Forum del terzo settore ha scritto una lettera alla Terza commissione del Consiglio regionale lombardo, in cui si chiede con urgenza un incontro per chiarire il senso e le intenzioni dei provvedimenti presi dalla Giunta negli ultimi mesi. Ne avevamo parlato a inizio settembre, in occasione del provvedimento di reintegro del Fondo sociale regionale, ma con destinazione delle risorse non più alle strutture, attraverso Asl ed enti locali, bensì direttamente ai pazienti con i voucher. Riportiamo qui di seguito un ampio stralcio della lettera, in attesa di conoscere come evolverà la vicenda.
Negli ultimi mesi abbiamo assistito a un crescendo di iniziative da parte della Giunta Regionale, e in particolare dalla Direzione Generale Famiglia, conciliazione, integrazione e solidarietà sociale, inscrivibili tutte nell’ambito del processo di riforma del welfare lombardo. I primi segnali dell’intenzione di riformare il sistema di risposte ai bisogni sociali sono risalenti all’autunno 2010, quando al tavolo regionale del Terzo settore fu richiesto di partecipare a un percorso che potesse portare alla formulazione di un nuovo progetto di legge che avesse appunto l’obiettivo di avviare un percorso di riforma del modello di welfare lombardo. A distanza di più di un anno da questo annuncio, a cui non seguì alcun fatto concreto, ci ritroviamo con due distinte iniziative da parte dell’Assessorato: la delibera di Giunta 3481 del 16 di maggio 2012, con cui si presenta la proposta di Patto per il welfare come cornice culturale e politica di avvio del futuro processo di riforma; la promulgazione di una serie di atti amministrativi che modificano profondamente, già nel presente, le modalità di funzionamento e finanziamento del sistema dei servizi sociosanitari e socio-assistenziali.
La prima domanda che come organizzazioni espressione dell’autonoma iniziativa dei cittadini impegnati nello svolgimento di attività di interesse generale ci poniamo è se esiste un legame, e quale sia, tra le due iniziative e se e in che modo siano oggetto di riflessione, analisi e discussione politica e sociale, non limitata agli ambiti amministrativi. Nel merito ricordiamo come il “Patto per il welfare” sia stato oggetto di numerose e articolate analisi da parte di soggetti molto diversi del Terzo settore, che ne hanno messo in luce le criticità di forma e la vaghezza della sostanza: la raccolta dei numerosi contributi delle organizzazioni sono pubblicate sul sito www.lombardia.forumterzosettore.it.
Una vaghezza a cui fa da contraltare l’attività dell’amministrazione regionale, che attraverso i suoi atti ha ridotto sia le risorse sia soprattutto chiarezza di prospettive agli attori del welfare lombardo ed avviato sperimentazioni in modo spesso poco trasparente e mai partecipato. Una attività intensa, di cui si fatica a volte a intravedere la coerenza e che è accompagnata da una serie reiterata di annunci di una prossima introduzione a una logica non meglio definita di passaggio dall’offerta alla domanda. Ciò che non si coglie è l’orizzonte politico e culturale all’interno del quale il processo di riforma in corso si muova. Da un lato infatti si percepisce e si dichiara la preoccupazione di gestire le politiche sociali in un contesto di risorse in diminuzione, dall’altro si proclama la necessità di una riforma profonda del sistema nel suo complesso.
Una confusione che non giova al confronto aperto e partecipato, e quindi nei fatti ostacola l’applicazione del principio di sussidiarietà sancito dalla Costituzione e dallo Statuto della Regione. Un principio su cui si fonda la coesione sociale del nostro territorio e si affidano le residue capacità di risposta ai bisogni sociali della persona e delle comunità. Per questo motivo le organizzazioni firmatarie chiedono un momento ampio di incontro e confronto con il Consiglio regionale -l’espressione più alta della politica in Lombardia- attraverso la Terza commissione, per favorire un processo politico e culturale che dia chiarezza alla fase che stiamo vivendo, con l’obiettivo di dare fiducia e fissare orizzonti di lavoro chiari all’impegno dei cittadini, singoli o associati, perché i più deboli non siano lasciati soli con i loro bisogni, siano sostenute le loro famiglie, e rafforzate la coesione e la capacità di reazione ai problemi sociali delle comunità e dei territori.