Il 21 luglio è morto lo stimato linguista Luca Serianni. Il quotidiano Domani ha pubblicato la sintesi di una sua lezione dal titolo La lingua italiana come cittadinanza, tenuta a Roma nel 2018. Ne pubblichiamo uno stralcio.

Non di rado la Costituzione viene vista da alcuni come un fastidioso vincolo di cui le persone potrebbero fare a meno e si troverebbero meglio. Questo è un errore notevole perché è proprio l’impalcatura giuridica – e la Costituzione è proprio il massimo strumento del diritto – che permette un vivere ordinato. E l’idea di considerare gli atti della legge in generale come fastidiosi adempimenti burocratici è un’idea deleteria. Quindi partire dalla costituzione può essere giusto. Ma partire da quali aspetti? Forse l’articolo fondamentale è l’articolo 3, l’articolo che prevede l’uguaglianza di tutti i cittadini.

Qualcuno potrebbe dire: bel concetto, ma come si fa a tradurlo in pratica? Un elemento significativo e un elemento di fascino della costituzione è che è carica di auspici segnati dalla Storia che ha portato alla costituzione.  È chiaramente un auspicio, uno sforzo, una tendenza. E del resto non è che un auspicio anche ciò che si legge nel primo articolo,«La Repubblica è fondata sul lavoro».

L’articolo 27, che parla della funzione della pena e fa una scelta di campo molto precisa, non a caso fu oggetto di discussione da parte dei costituenti. La pena svolge anche una funzione retributiva o in generale preventiva. Si interviene con una sanzione e anche con la privazione della libertà personale nei confronti di qualcuno che abbia commesso un delitto per ammonire gli altri a non imitarlo e per risarcire simbolicamente la società di questa violazione. Però accanto a questi elementi che sono elementi costitutivi della sanzione penale, che vengono dati come impliciti, c’è un elemento che viene sottolineato: la funzione rieducativa della pena.

Non si deve perdere la fiducia o la speranza che il reo possa essere riammesso a godere a pieno titolo del godimento dei diritti civili che lui stesso per il suo comportamento si è precluso. E naturalmente da questo dato deriva come necessaria conseguenza l’abolizione della pena di morte. In Italia quando si parla di abolizione della pena di morte viene in mente il nome di Cesare Beccaria. Beccaria sostiene due principi molto importanti: il primo è che la pena di morte è per definizione irriformabile, e quindi non garantisce la possibilità umana dell’errore giudiziario. La verità processuale vuol dire che c’è la possibilità di ritornare sopra la precedente sentenza; addirittura ci sono tre gradi di giudizio.

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(Foto di Eugenio Mazzone su Unsplash)

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