Nonostante i numerosi tentativi nel corso dei secoli, gli psicologi fanno ancora fatica a definire l’intelligenza e molti dubitano della validità dei test progettati per misurarla. Nonostante questo, è emersa un’idea prevalente: che punteggi di intelligenza più elevati siano associati a una maggiore velocità di elaborazione delle informazioni, o “velocità mentale”. Ma, si legge in un articolo su BigThink, un nuovo studio condotto da ricercatori tedeschi suggerisce che anche questo potrebbe non essere vero.

Lo studio, pubblicato sulla rivista Nature Communications, dimostra che le persone con punteggi di intelligenza più elevati impiegano più tempo a risolvere problemi complessi, perché meno propense a saltare alle conclusioni. Lo studio collega inoltre la capacità di risolvere i problemi con differenze nella connettività cerebrale e nella sincronia tra le aree cerebrali.

Gli autori dello studio hanno esaminato i dati di 1.176 partecipanti a un grande progetto di mappatura cerebrale, analizzando la relazione tra i punteggi di intelligenza e i tempi di reazione al Penn Matrix Reasoning Test, che misura la capacità di astrazione e la flessibilità mentale. È emerso che, mentre le persone con punteggi di intelligenza più elevati risolvevano più rapidamente i problemi facili, impiegavano più tempo a risolvere quelli difficili, apparentemente perché provavano a dedurre regole nascoste prima di giungere alla soluzione corretta.

I ricercatori hanno poi generato i modelli di reti cerebrali di 650 partecipanti, combinando i dati di connettività di ciascuno con modelli generali relativi ai processi decisionali e alla memoria di lavoro. Il confronto tra le aree attive e quelle a riposo nella gestione dei problemi ha confermato i risultati empirici, mettendo in discussione l’ipotesi che un’intelligenza superiore sia il risultato di un cervello più veloce.

Esiste quindi un compromesso tra velocità e accuratezza che porta a decisioni migliori. Mentre il pensiero veloce e “automatico” può funzionare per prendere decisioni su compiti facili, una modalità cognitiva più lenta e impegnativa, che supporta l’integrazione prolungata delle informazioni rilevanti, può essere più efficace per risolvere problemi più difficili.

(Foto di William Felipe Seccon su Unsplash)

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