Alcuni tra i più autorevoli scienziati italiani, tra cui il premio Nobel Giorgio Parisi, hanno lanciato qualche giorno fa un appello per il rifinanziamento del Servizio sanitario nazionale (SSN), “al quale”, scrivono, “nel 2025 sarà destinato il 6,2% del PIL (meno di vent’anni fa)”.

In effetti, secondo i dati della Corte dei conti riportati il 4 aprile sulla Stampa, attualmente la spesa pro capite dello Stato italiano per la sanità ammonta a meno della metà di quanto spende la Germania per i suoi cittadini. Rapportando il dato alla popolazione, si vede come l’Italia abbia una spesa pro capite inferiore a quella della Germania di ben 4,1 punti percentuali, e di 3,5 punti rispetto a quella francese. Un paese che siamo abituati a considerare più “arretrato”, la Spagna, spende comunque uno 0,5% in più di noi.

I tagli alla sanità (o meglio i “non incrementi” che sarebbero necessari per fare fronte alle esigenze della società di oggi) sono iniziati già da alcuni anni, e la pandemia ha mostrato le conseguenze di tali politiche. I suoi effetti negativi non sono infatti ancora stati recuperati, con tempi di attesa in costante aumento per quasi tutto. Secondo la Corte dei conti questo vale anche per gli interventi chirurgici urgenti (Classe A), da erogare entro 30 giorni dalla prescrizione, con numeri in peggioramento su tutte le tipologie di intervento tra il 2019 e il 2022.

Queste prestazioni si spiegano con le motivazioni che più volte abbiamo affrontato su ZeroNegativo, su tutte la carenza di personale medico e infermieristico.

Ma ci sono anche problemi strutturali, come rilevato dai firmatari dell’appello: “Parte delle nuove risorse deve essere impiegata per intervenire in profondità sull’edilizia sanitaria – scrivono –, in un Paese dove due ospedali su tre hanno più di 50 anni, e uno su tre è stato costruito prima del 1940”. Secondo quanto riporta Valigia Blu, non si sta però andando in questa direzione: “I fondi stanziati dal Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza (PNRR) in ambito sanitario avrebbero potuto rappresentare una buona occasione per rafforzare il Sistema Sanitario Nazionale, ma la mancanza di un piano per le assunzioni di personale sanitario e le revisioni delle risorse stanziate ne hanno ridimensionato le possibilità: l’ultima riguarda la ristrutturazione e la messa in sicurezza degli ospedali a cui non sarebbero più destinate le risorse del PNRR ma i fondi per l’edilizia sanitaria. I rischi sono quelli di non avere una copertura adeguata per proseguire lavori già iniziati o dover attingere al budget ordinario destinato alla sanità per portarli a termine”.

Dobbiamo poi sempre considerare il peso delle differenze territoriali, che vengono mascherate dalle statistiche nazionali. Di fatto il diritto alla salute, messo in discussione un po’ in tutto il paese, al Sud è già compromesso: “Le difficoltà ad accedere alle cure per ragioni economiche sono già maggiori al Sud rispetto che al centro o al Nord Italia – scrive Valigia Blu –, e non riguardano soltanto i costi dovuti allo spostamento fuori regione ma anche al pagamento di prestazioni e servizi in sé. Molte più famiglie meridionali infatti vivono in povertà sanitaria, e dunque non possono affrontare determinate spese mediche o si sono impoverite per farlo. Nel contesto attuale di un servizio pubblico che non funziona o non risponde adeguatamente ai bisogni dei cittadini e la sanità a pagamento sta prendendo sempre più spazio, la situazione per molte famiglie non può che peggiorare”.

(Immagine da freepik)

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